Diritto del lavoro e legislazione sociale
25 Maggio 2023
Il rinnovo del welfare aziendale a 3.000 euro si ferma nel 2023 ai lavoratori con figli a carico. È previsto, inoltre, il coinvolgimento delle RSU. Per tutti gli altri lavoratori la soglia dei fringe benefit torna a 258,23 euro.
Nel lontanissimo 1997 il legislatore, riformando la tassazione dei redditi, introdusse una soglia esente di 500.000 lire all’anno (258,23 euro) per i beni e servizi offerti gratuitamente ai lavoratori dipendenti.
La soglia è rimasta invariata nel corso degli anni successivi, nonostante l’aumento dei prezzi, fino ai tempi più recenti caratterizzati da shock importanti, quali il Covid e gli eventi bellici. Tali eventi, che hanno causato un repentino e inatteso incremento dei rincari, hanno indotto il legislatore a intervenire a supporto dei lavoratori. Gli interventi hanno consentito alle aziende di erogare benefit aggiuntivi, applicando in via temporanea una soglia più elevata. Fuori da tali iniziative temporanee, la soglia fissata dall’art. 51, c. 3 del Tuir, rimane altrimenti ancorata ai livelli del 1997.
L’aumento a 516,46 euro per il 2020-2021 e a 3.000 euro per il 2022 (per il rimborso delle bollette) ha, quindi, consentito alle aziende di effettuare interventi mirati e transitori (welfare aziendale) secondo esigenze di volta in volta considerate e ritenute meritorie. Per tale ragione, vi era una larga attesa di poter continuare nel 2023 utilizzando le medesime politiche avviate negli anni precedenti.
A ridimensionare le aspettative è intervenuto il D.L. 48/2023 (Decreto Lavoro), con l’art. 40. La norma ha effettivamente confermato la soglia di 3.000 euro esenti ai fini fiscali e contributivi per il welfare aziendale 2023, compreso il rimborso delle bollette, ma ha introdotto 2 condizioni inattese:
I lavoratori che non comunicano per iscritto di avere figli a carico potranno ancora ufruire dei piani aziendali, ma se questi superano il valore di 258,23 euro, tutto il valore del piano dovrà essere tassato e assoggettato a contribuzione.
Anche se il rinnovo è apprezzabile, le limitazioni che prescindono dal reddito sono difficili da comprendere e giustificare e soprattutto difficili da gestire. Alcune aziende potrebbero semplicemente decidere di cancellare i piani di welfare per evitare di affrontare situazioni di disparità evidente e altre potrebbero essere costrette ad accollarsi i maggiori costi.
Inoltre la norma, che nelle stime del Governo costa una cinquantina di milioni in meno rispetto all’analoga previsione per il 2022 (art. 12, D.L. 115/2022), potrebbe non cogliere appieno le indicazioni costituzionali. Comunque, correttivi potrebbero essere apportati in fase di esame parlamentare.