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08 Luglio 2021
I soggetti preposti dovranno soprattutto verificare la documentazione esibita dal contribuente per evitare il pagamento di una sanzione pari al 30% della maggiore imposta riscontrata.
L’art. 39, c. 1, lett. a) D.Lgs. 9.07.1997, n. 241, come modificato dall’art. 7-bis D.L. 28.01.2019, n. 4, convertito con modificazioni dalla L. 28.03.2019, n. 26, prevede che, in caso di visto di conformità infedele su un modello 730, il professionista abilitato o il responsabile dell’assistenza fiscale, in quest’ultimo caso in solido con il CAF, sono tenuti al pagamento di un importo pari al 30% della maggiore imposta riscontrata, nel caso in cui il visto infedele non sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente. La norma in commento è limitata esclusivamente alle fattispecie che conseguono il controllo effettuato ai sensi dell’art. 36-ter. Nel caso specifico, qualora il contribuente non intenda presentare la nuova dichiarazione, sempreché l’infedeltà del visto non sia già stata contestata, il centro di assistenza fiscale o il professionista possono trasmettere una dichiarazione rettificativa, che dovrà essere comunicata per iscritto al contribuente.
Per quanto riguarda la documentazione esibita dal contribuente, utile ai fini dei controlli diversi da quelli di cui all’art. 36-ter D.P.R. 600/1973, rimane fermo che il CAF o il professionista abilitato sono responsabili per la non corretta verifica di tutta la documentazione attestante i redditi e gli oneri deducibili e detraibili dal reddito.
L’anno d’imposta 2020 è caratterizzato da una miriade di bonus e di detrazioni e quest’anno più che mai, i professionisti dovranno verificare che le detrazioni d’imposta siano non eccedenti i limiti previsti dalla legge. Tali soggetti sono altresì responsabili per l’omessa verifica della corrispondenza dell’ammontare degli imponibili con quello delle certificazioni esibite (CU), dell’ultima dichiarazione presentata in caso di eccedenza d’imposta per la quale si è richiesto il riporto nella successiva dichiarazione dei redditi, delle quietanze di pagamento degli acconti versati o trattenuti.
Con la circolare del 31.05.2005, n. 26/E l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, se il soggetto che presta l’assistenza fiscale ha già verificato la documentazione in occasione di una precedente rata e ne ha eventualmente conservato copia, non deve richiederne ulteriore esibizione al contribuente. Comunque, è consigliato che il CAF o il professionista abilitato, nel caso di spese suddivise in più anni, ne effettui il controllo per ogni annualità in cui avviene l’utilizzo.
La responsabilità non ricade sul CAF o sul professionista, qualora i dati dichiarati trovino corrispondenza nella documentazione acquisita in sede di apposizione del visto, anche nel caso in cui i dati in possesso dell’Amministrazione divergano dai dati dichiarati; in tal caso, il controllo, può essere proseguito nei confronti del contribuente. Il rilascio del visto di conformità non implica il riscontro della correttezza degli elementi reddituali indicati dal contribuente (ad esempio, l’ammontare dei redditi fondiari). Pertanto, il contribuente non è tenuto a esibire la documentazione relativa all’ammontare dei redditi fondiari indicati nella dichiarazione (ad esempio, certificati catastali di terreni e fabbricati posseduti, raccomandata all’inquilino, come prescritto dall’art. 3, c. 11 D.Lgs. 23/2011).
Infine, si ricorda che il modello 730 e la relativa documentazione di supporto devono essere conservati fino al 31.12 del 5° anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione. Quindi, il modello 730/2021 e la relativa documentazione vanno conservati fino al 31.12.2026. In caso di deduzioni o detrazioni ripartite in più rate il termine decorre dall’anno in cui è stata presentata la dichiarazione in cui è esposta la rata e i documenti elettronici devono essere conservati nel rispetto delle regole tecniche in materia di sistema di conservazione di cui al D.P.C.M. del 3.12.2013.