Bandi, agevolazioni, bonus, contributi a fondo perduto
21 Luglio 2022
L’utilizzo parziale in compensazione di un credito d’imposta da superbonus 110% non ammette ripensamenti.
Il caso prospettato nell’interpello n. 358/2022 è piuttosto frequente. Un soggetto ha iniziato a utilizzare in compensazione un credito d’imposta che ha avuto origine da uno sconto in fattura, applicato ai sensi dell’art. 121 D.L. 34/2020 e successivamente, ha avuto il rifiuto della banca al momento della proposta di cessione della quota residua. La norma, comunque, non preclude il comportamento descritto, nel senso che il contribuente può ben decidere di trattenere una quota del credito, per esempio, la rata di competenza dell’anno 2022 e cedere le quote residue.
Questa fattispecie, tuttavia, ha trovato un limite nel corso delle numerose modifiche normative che si sono succedute sul tema in commento e precisamente il divieto di cessioni parziali, introdotto a far data dal 1.05.2022 dal decreto Sostegni-ter ,che ha inserito nell’art. 121 D.L. 34/2020 il comma 1-quater. Tale divieto non esplica effetti sulla possibilità di utilizzare in compensazione una singola rata e cedere le altre, ma impedisce di frazionare le singole rate in modo tale da cedere una parte di esse e utilizzarne il residuo in compensazione, né è possibile effettuare una cessione frazionata a più soggetti della medesima rata. A tal fine alle singole rate che sono maturate nel Cassetto Fiscale dal 10.06.2022 è stato attribuito un codice univoco che ne garantisce la tracciabilità.
La soluzione che propone il contribuente per cedere l’intero credito è di riversare la quota compensata utilizzando il medesimo codice tributo (nel caso in oggetto il 6921), in modo da ripristinarne l’ammontare originario.
L’Agenzia delle Entrate, ripercorrendo sinteticamente il contenuto dell’art. 121 D.L. 34/2020, risponde in modo negativo. Il comportamento indicato dal contribuente non è contemplato dalla norma.
A dire il vero, l’Agenzia riporta una parte del testo della risoluzione 28.12.2020, n. 83/E che istituisce il codice tributo in esame e afferma che tale codice può essere utilizzato anche nel caso in cui il contribuente debba procedere al riversamento del credito d’imposta. Tuttavia, tale assunto, secondo l’Amministrazione Finanziaria, sarebbe riferito al solo caso del riversamento del credito non fruito correttamente.
In buona sostanza, non è consentito un ripensamento delle scelte già operate spontaneamente e quindi al momento del fatidico click la scelta è irreversibile.
Francamente, al di là del tenore della norma, non si vede un valido motivo per negare la possibilità di ripristino del credito originario mediante riversamento. A questo punto c’è da chiedersi se in uno scenario già complicato e che sta assumendo contorni preoccupanti, con aziende che hanno i loro Cassetti Fiscali pieni di crediti ma bloccati dalle numerose restrizioni e incertezze normative, anche la soluzione prospettata dal contribuente nell’interpello in commento potrebbe contribuire ad agevolare una cessione del credito che ormai sembra essere diventata un delirio.
Ulteriore considerazione è legata al fatto che, in prossimità della scadenza per il versamento delle imposte, molte imprese che hanno applicato lo sconto in fattura e che hanno subito il blocco della cessione per il rifiuto, non si sa se temporaneo o definitivo, da parte delle banche, saranno sicuramente nella situazione sopra descritta. E allora, agevoliamo le imprese e forniamo loro liquidità, sotto qualsiasi forma, purché lecita (è ovvio), perché le imprese sono il motore dell’economia.