Società e contratti
10 Ottobre 2024
Gli utili da liquidazione rappresentano frutti civili e, come tali, sono di competenza dell’usufruttuario, il quale è tenuto ad assolvere su di essi le relative imposte; tali proventi non competerebbero, invece, al nudo proprietario in quanto socio (Cass., sent. n. 11170/2024).
La vicenda affrontata dalla sentenza in esame riguarda il caso di un usufruttuario di quote di una società a responsabilità limitata, il quale aveva impugnato la delibera assembleare di approvazione del bilancio di liquidazione, reclamando l’attribuzione del residuo attivo di liquidazione, assegnato al nudo proprietario invece che a lui.
Secondo la Cassazione, in particolare, dato che la ripartizione dei diritti patrimoniali tra socio e usufruttuario in sede di scioglimento della società non è oggetto di regolamentazione da parte dell’art. 2352 c.c., occorrerebbe rifarsi al principio generale contenuto nell’art. 1014 c.c., secondo cui l’usufrutto cessa per il totale perimento della cosa: per le quote di S.r.l. (come nel caso di specie), tale momento è individuato in quello in cui la società viene cancellata dal Registro delle Imprese.
La sentenza ha conseguentemente stabilito che le somme o i beni che l’usufruttuario riceve in sede di liquidazione hanno natura di frutti civili, essendo percepiti in un momento precedente a quello della cancellazione. Dunque, il loro regime fiscale sarebbe quello disciplinato dall’art. 47, c. 7 del Tuir, per cui la base imponibile è pari alla differenza positiva tra le somme percepite (o il valore normale dei beni assegnati) e il prezzo pagato per l’acquisizione della partecipazione.