Imposte dirette
11 Giugno 2024
Le somme versate da una società all'ex lavoratrice, a seguito di una sentenza che aveva accertato l’illegittimità del contratto di somministrazione per superamento del limite consentito, hanno natura risarcitoria e devono essere tassate separatamente.
L’indennità corrisposta al lavoratore dipendente quale risarcimento per la perdita di redditi di lavoro dipendente ha una valenza sostitutiva del reddito non conseguito. Lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello 6.06.2024, n. 130.
Nel caso esaminato in sede d’interpello, una società a partecipazione pubblica veniva condannata dal giudice del lavoro a pagare un’indennità risarcitoria complessiva a favore di una lavoratrice pari a 2,5 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto, oltre ad interessi e rivalutazione monetaria.
In questo contesto, veniva richiesta l’inapplicabilità al caso prospettato della disciplina sul pubblico impiego e il riconoscimento della finalità risarcitorie del versamento in quanto volto alla mera reintegrazione del mancato reddito. A sostegno veniva evidenziato che lo stesso giudice aveva confermato la non assimilabilità del datore di lavoro in esame (ovvero una società a partecipazione pubblica) ad un ente pubblico e la conseguente inapplicabilità delle misure previste dalla normativa sul lavoro nella Pubblica amministrazione (D.Lgs. 165/2001), escluso l’obbligo delle procedure concorsuali. Con riferimento alle implicazioni fiscali, veniva chiesto di chiarire il corretto trattamento da applicare alle somme corrisposte alla lavoratrice ovvero, in particolare, la possibilità di assoggettare le stesse a tassazione separata.
Nell’analizzare la fattispecie, in via preliminare, l’Agenzia delle Entrate ha ricordato che gli indennizzi relativi alla perdita di redditi sono soggetti a tassazione soltanto se destinati a compensare un mancato guadagno (lucro cessante), ovvero il reddito non conseguito, e non anche nella diversa ipotesi di risarcimento delle perdite economiche (danno emergente), mancando in quest’ultimo caso la funzione sostitutiva di trattamenti retributivi (in tal senso si vedano: ris. Ag. Entrate nn. 106/2009 e 356/2007). In particolare, la prova concreta dell’esistenza e dell’ammontare del danno è a carico del contribuente interessato: in assenza di tale prova, alla somma versata dal datore di lavoro per la definizione transattiva della controversia è presuntivamente attribuita la natura di ristoro della perdita di retribuzioni che la prosecuzione del rapporto avrebbe implicato, e quindi il risarcimento di un danno qualificabile come lucro cessante (Cass. 12.01.2009 n. 360 e 24.09.2003 n. 14167).
Con riferimento al caso specifico, poi, è stato evidenziato che:
Considerando, infine, che l’art. 17, c. 1, lett. b) del Tuir prevede l’applicazione separata sugli “emolumenti arretrati per prestazioni di lavoro dipendente riferibili ad anni precedenti, percepiti per effetto di leggi, di contratti collettivi, di sentenze o di atti amministrativi sopravvenuti o per altre cause non dipendenti dalla volontà delle parti, compresi i compensi e le indennità di cui al comma 1 dell’articolo 50 e al comma 2 dell’articolo 49”, l’Amministrazione Finanziaria ha quindi riconosciuto la necessità di assoggettare a tassazione separata le somme corrisposte a titolo di ristoro per la perdita retributiva del dipendente.
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