Paghe e contributi
06 Novembre 2024
La retribuzione, controprestazione a carico del datore di lavoro legata alla prestazione ricevuta dal lavoratore, nel nostro ordinamento è destinataria di una serie di tutele dai confini non sempre prevedibili, come dimostra l’ordinanza della Corte di Cassazione, 9.10.2024, n. 26320.
Nell’ordinanza n. 26320/2024 si è affrontata, tra le varie questioni di natura retributiva sollevate da un dirigente, dimessosi per giusta causa, la nullità, sostenuta dalla Corte di Appello di Milano, di un accordo tra le parti di riduzione della retribuzione perché non sottoscritto in sede protetta.
Nonostante, nel caso in questione non vi fosse alcuna modifica delle mansioni, i giudici meneghini hanno infatti ritenuto che il principio dell’irriducibilità della retribuzione ex art. 2103 c.c., operi anche in caso di accordo tra il datore e il prestatore di lavoro e che l’unica strada percorribile per una sua riduzione è quella delineata dall’art. 2103, c. 6 c.c.
Tale norma prevede che solo nelle sedi protette possano essere stipulati accordi individuali “di modifica delle mansioni, della categoria legale e del livello di inquadramento e della relativa retribuzione, nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita”. L’ultimo comma dell’art. 2103 c.c. prevede inoltre la nullità per ogni patto contrario al proprio disposto.