Imposte dirette
27 Dicembre 2024
Resta infatti irrisolta la questione del regime fiscale applicabile alle società tra professionisti e l’anacronista indeducibilità dei compensi per le attività che il coniuge o i figli del professionista prestano nello studio.
Tali situazioni non risultano infatti risolte nella versione definitiva del D.Lgs. 13.12.2024 n. 192 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 16.12.2024 n. 294. La sensazione è che il legislatore abbia perso un’occasione per far evolvere il lavoro autonomo verso quelle esigenze di aggregazione e di ampliamento dell’ambito soggettivo dei partecipanti all’attività che il mercato richiede e richiederà sempre di più in futuro.
Per le società tra professionisti, istituite nel nostro ordinamento dalla L. 183/2011, il trattamento tributario ha fin dall’inizio costituito un enorme problema che ne ha, di fatto, impedito lo sviluppo e la diffusione. Esse devono infatti determinare il loro reddito imponibile annuo sulla base dei criteri di competenza economica in luogo del criterio di cassa, naturale per le attività professionali in forma individuale o associativa diversa dalla società tra professionisti.
Gestire un’attività professionale con le logiche della competenza economica significa dover imputare i compensi al momento dell’esecuzione, anche pro quota, delle singole prestazioni senza tener conto dell’incasso delle stesse. Per gli incarichi professionali di durata ultrannuali (si pensi, tanto per fare un esempio concreto, ad un incarico di liquidatore giudiziale) la determinazione del compenso da tassare sulla singola annualità in base alla competenza economica può costituire un problema non di poco conto. Soprattutto nelle ipotesi in cui il compenso effettivamente spettante al professionista sarà rimesso alla determinazione di un terzo (il Tribunale nell’esempio di cui sopra).
La necessità di riportare le STP alla tassazione per cassa era stata più volte sollevata ma il legislatore delegato non ha ritenuto di doverla prendere in considerazione. A causa di ciò l’opportunità di costituire una società tra professionisti resterà anche in futuro relegata a poche e marginali situazioni.
Ma la riscrittura dell’art. 54 del Tuir non ha nemmeno suggerito di eliminare quella disposizione anacronistica e fuori dal tempo che prevede l’indeducibilità dal reddito di lavoro autonomo dei compensi al coniuge, ai figli, affidati o affiliati, minori di età o permanentemente inabili al lavoro, nonché agli ascendenti dell’artista o professionista ovvero dei soci o associati per il lavoro prestato o l’opera svolta nei confronti dell’artista o professionista ovvero della società o associazione professionale.
Tale disposizione è infatti rimasta immutata, nonostante l’intera riscrittura del suddetto art. 54 del Tuir ad opera dell’art. 5 D.Lgs. 13.12.2024 n. 129. Quella in oggetto è infatti una disposizione che discrimina, senza un reale giustificato motivo, il reddito di lavoro autonomo da quello d’impresa dove l’apporto dei familiari dell’imprenditore è non solo non osteggiato, ma al contrario auspicato, anche in chiave di un passaggio generazionale dell’azienda che rappresenta ormai anche in ambito professionale, un tema particolarmente ostico da risolvere.
Con gli strumenti e le informazioni di cui dispone oggi l’Amministrazione Finanziaria ipotizzare arbitraggi del reddito di lavoro autonomo a favore del coniuge o dei figli, appare infatti fuori dai tempi e bene avrebbe fatto il legislatore ad eliminare una simile stortura. Occasione persa, dunque, per rendere il lavoro autonomo italiano al passo con i tempi e in linea con gli altri partners europei e non solo.