Amministrazione e bilancio
03 Luglio 2024
La Corte di Cassazione, con diverse sentenze chiave (nn. 542/2011, 4/2015, 1608/1989), ha stabilito un importante principio in materia di lavoro straordinario forfettizzato.
Se il compenso forfettario non è direttamente collegato alla quantità di ore di lavoro straordinario effettivamente svolte, si trasforma in un superminimo. Questo superminimo, a sua volta, diventa parte integrante della retribuzione ordinaria del dipendente e non può essere unilateralmente ridotto dal datore di lavoro.
Il caso chiave – La sentenza del 12.01.2011 (n. 542) rappresenta un punto di riferimento. In questo caso, un’azienda aveva revocato unilateralmente un compenso forfettario per lavoro straordinario a un dipendente. Il dipendente in questione aveva richiesto il ripristino del compenso per lavoro straordinario forfettizzato, che inizialmente gli era stato riconosciuto e successivamente revocato. Il giudice di primo grado e la Corte d’Appello di Torino avevano accolto la domanda del lavoratore, obbligando l’azienda a ripristinare il pagamento di questo emolumento.
Decisione della Corte d’Appello – Nel motivare la propria decisione, la Corte d’Appello aveva evidenziato come l’introduzione del compenso forfettario fosse avvenuta tramite l’invio di lettere standardizzate ai dipendenti. Questo dettaglio suggerisce che la concessione del compenso non fosse stata oggetto di trattative individuali, bensì presentata come un diritto riconosciuto in modo uniforme a tutti i lavoratori interessati.
Tuttavia, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (C.C.N.L.) applicabile al settore del commercio conteneva una norma specifica riguardante il personale con funzioni direttive, tecniche o amministrative. Secondo tale disposizione, questi lavoratori non avevano diritto a compensi aggiuntivi per le ore di lavoro eccedenti il normale orario, fatta eccezione per le prestazioni rese in orario notturno o festivo.
La Corte d’Appello, nel pronunciarsi sul caso, aveva interpretato il compenso forfettario revocato come riferito proprio a questi particolari servizi, tutelati dalla norma del C.C.N.L. Di conseguenza, aveva riconosciuto il diritto del dipendente a continuare a percepire tale compenso. La sentenza in esame riveste particolare importanza poiché afferma il principio secondo cui i diritti acquisiti dai lavoratori, anche se introdotti tramite comunicazioni standardizzate, non possono essere unilateralmente soppressi dal datore di lavoro. Ciò vale specialmente quando tali diritti trovano fondamento in specifiche disposizioni della contrattazione collettiva.
Ricorso in Cassazione – L’azienda ha impugnato la decisione della Corte d’Appello, sostenendo che il compenso forfettario per il lavoro straordinario era legittimo e che vi fosse stata un’errata interpretazione delle lettere-contratto. Inoltre, ha contestato l’affermazione di una sproporzione tra il lavoro effettivamente prestato e il compenso forfettario.
Decisione della Cassazione – La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda, stabilendo che il compenso forfettario, se non correlato alla quantità di lavoro straordinario effettivamente resa, diventa un superminimo parte della retribuzione ordinaria del lavoratore, non riducibile unilateralmente dal datore di lavoro.
La Corte ha sottolineato che nei contratti a tempo indeterminato, il comportamento delle parti nel tempo è determinante per l’interpretazione delle condizioni contrattuali.
Conseguenze della sentenza del 2011 – La sentenza chiarisce alcuni principi importanti in materia di compensi retributivi nei rapporti di lavoro. La qualificazione dei compensi deve essere valutata in base alla loro effettiva natura e alle modalità concrete di erogazione, al di là del “nomen iuri” attribuito dalle parti. Nel caso specifico, poiché il compenso forfettario non era strettamente correlato al lavoro straordinario svolto, ha assunto il carattere di superminimo.
I superminimi, una volta entrati a far parte in modo stabile della retribuzione, non possono essere revocati o ridotti unilateralmente dal datore di lavoro. Ciò a tutela dell’affidamento del lavoratore sulla retribuzione maturata. Nell’interpretare le clausole contrattuali, soprattutto nei rapporti di lunga durata, bisogna dare prevalenza al comportamento effettivo tenuto dalle parti nel corso del tempo. Le prassi consolidate possono quindi modificare o integrare gli accordi originari. Il datore di lavoro non può aggirare i limiti posti dalla contrattazione collettiva (che nel caso non prevedeva compensi speciali per lo straordinario dei capireparto) attraverso l’introduzione di compensi aventi diverso nome ma identica funzione.
Un precedente che fa scuola – La decisione della Cassazione rappresenta un importante precedente giurisprudenziale in materia di compenso straordinario forfettizzato. Sottolinea la necessità per le aziende di stipulare accordi chiari e ben definiti con i propri dipendenti, valutando attentamente la durata e la natura dei benefici economici concessi. Per i lavoratori, la sentenza conferma la tutela dei loro diritti economici, specialmente in presenza di prassi consolidate nel tempo. Questa decisione evidenzia l’importanza di una gestione trasparente e coerente dei rapporti di lavoro.