Accertamento, riscossione e contenzioso
14 Dicembre 2023
Prima di procedere al sequestro dei beni del professionista che concorre nell’illecito, deve essere svolta una verifica della possibilità di una confisca diretta del profitto del reato tributario.
Oltre al concorso del consulente nella commissione di un reato tributario da parte di un suo assistito, un altro aspetto che merita di essere sottolineato è che il professionista accusato di concorso nel reato può divenire destinatario di provvedimenti ablativi, quali il sequestro preventivo e, nel caso di condanna, la confisca. In particolare, ai sensi dell’art. 321 c.p.p., il giudice può disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca; l’art. 12-bis D.Lgs. 74/2000 testualmente stabilisce che, nel caso di condanna o di patteggiamento a norma dell’art. 444 c.p.p. per un delitto tributario previsto dal decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto.
La Suprema Corte ha riconosciuto in proposito che, in virtù del principio solidaristico che informa la disciplina del concorso di persone nel reato, ciascun concorrente può essere chiamato a rispondere dell’intera entità del profitto accertato sul presupposto della corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito. In altre parole, la confisca per equivalente, pur non essendo duplicabile, e quindi pur entro i limiti quantitativi del profitto accertato, può essere indifferentemente disposta per l’ammontare totale nei confronti di uno o più degli autori della condotta criminosa, salvo il diritto di rivalsa, irrilevante ai fini penalistici, del destinatario nei confronti dei correi (Cass. pen., Sez. III, sent. 14.04.2011, n. 15167; Cass. pen., Sez. II, sent. 14.06.2006, n. 31989).
In materia penal-tributaria, la Cassazione ha altresì espressamente ammesso che, proprio perché il concorso di persone nel reato implica l’imputazione in capo a ciascun concorrente dell’intera azione delittuosa e il conseguente sequestro preventivo per equivalente in vista della confisca, nel disporre una misura ablativa nei confronti del professionista a cui è contestato il concorso nel reato tributario commesso dal cliente, si può prescindere pure dall’accertamento circa l’effettivo arricchimento personale derivante dalla commissione del reato, non potendo il consulente essere messo in salvo nemmeno dall’evidenza di non aver tratto in proprio alcuna utilità e di non aver conseguito alcun profitto dall’attività illecita (Cass., sent. n. 24967/2015).
Unica condizione richiesta dalla giurisprudenza è che, prima di procedere al sequestro dei beni del professionista concorrente nell’illecito, venga svolta un’attenta verifica della possibilità di una confisca diretta del profitto del reato tributario presso la società debitrice fiscale o presso chiunque detenga tale profitto, anche per effetto della trasformazione del denaro in beni materiali ovvero immateriali (Cass., sent. n. 6798/2015).
La Suprema Corte, infatti, nell’affrontare la tematica dei presupposti necessari ai fini dell’esperibilità del sequestro c.d. “per equivalente”, ha aderito all’indirizzo sancito dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 10561/2014, secondo cui il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente è legittimo solo quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato è impossibile, sia pure transitoriamente, o quando gli stessi beni non sono aggredibili per qualunque ragione.