Accertamento, riscossione e contenzioso
05 Agosto 2024
La Corte di Cassazione stabilisce che il sequestro preventivo dei crediti d'imposta ceduti alle banche può avvenire anche in caso di buona fede dell'istituto di credito.
La recente sentenza della Cassazione penale (sez. II, 12.07.2024, n. 28064) ha gettato nuova luce sulla complessa questione del sequestro preventivo dei crediti d’imposta legati al superbonus 110%, chiarendo i limiti della buona fede delle banche coinvolte in potenziali frodi.
La decisione della Suprema Corte si inserisce nel contesto delle indagini per truffa ai danni dello Stato relative ai lavori fittizi che hanno beneficiato del superbonus. Il punto centrale della sentenza riguarda la possibilità di procedere al sequestro preventivo dei crediti d’imposta ceduti alle banche, anche quando queste ultime abbiano agito in buona fede.
La Cassazione ha stabilito che il sequestro preventivo in questi casi ha natura “impeditiva”, finalizzata cioè a evitare l’utilizzo di crediti potenzialmente inesistenti, e non è una misura funzionale alla confisca obbligatoria. Questa distinzione è fondamentale per comprendere la portata della decisione. Il sequestro preventivo impeditivo, infatti, mira a prevenire l’aggravamento delle conseguenze del reato ipotizzato e può essere disposto sulla base della mera relazione tra il reato e la cosa oggetto del sequestro. Ciò significa che il vincolo può colpire anche beni di terzi estranei all’illecito, come appunto le banche che hanno acquisito i crediti in buona fede.
La Corte ha precisato che la verifica della buona fede della banca e del suo eventuale diritto alla restituzione dei crediti sequestrati diventa rilevante solo in una fase successiva, quando si prospetta la possibile definitività del vincolo. In questa fase, si dovrà accertare se la banca sia effettivamente vittima di una frode o se, al contrario, abbia concorso nel reato, esponendosi così al rischio di ablazione definitiva dei crediti.
È importante sottolineare che la protezione offerta dal D.L. 34/2020 al credito d’imposta generato dal superbonus 110% è limitata al settore tributario e non impedisce il sequestro in ambito penale. Questo aspetto evidenzia la complessità della materia e la necessità di una valutazione caso per caso.
La Cassazione ha inoltre affrontato il tema dell’indebita compensazione, sottolineando che quando il superbonus è generato da costi non effettivamente sostenuti, il cessionario che utilizza il credito compie un’indebita compensazione, trattandosi di crediti inesistenti o non spettanti. La sentenza richiama l’attenzione sulla necessità di valutare con il massimo rigore la condotta dei cessionari dei crediti. Le frodi sul superbonus, infatti, possono essere dirette sia contro lo Stato sia contro le banche stesse, con condotte che possono concorrere tra loro. Il profitto della truffa, in questi casi, è costituito tanto dal credito d’imposta quanto dal denaro generato dalla sua liquidazione.
È interessante infine notare come la Corte abbia evidenziato che le banche, monetizzando il credito, ricavano un profitto, poiché i crediti sono ceduti a un valore inferiore a quello nominale, determinando un utile per l’istituto di credito. Questo aspetto potrebbe influenzare la valutazione della responsabilità delle banche in futuri casi simili.