Diritto del lavoro e legislazione sociale
06 Ottobre 2021
Ha sollevato stupore l'ordinanza 30.09.2021, n. 26510, con cui la Corte di Cassazione ha sancito l'inclusione delle "erogazioni liberali" percepite dal lavoratore nel reddito di lavoro subordinato.
L’argomento della mancia è stato più volte affrontato dopo la riforma del Testo unico delle imposte sui redditi, evidenziando che, dopo l’integrale sostituzione dell’art. 48 (ora 51) del Tuir a opera dell’art. 3, D.Lgs. 2.09.1997, n. 314, il termine “compensi” utilizzato dalla previgente versione, strettamente collegato al sinallagma “prestazione/retribuzione”, è stato sostituito con il più generico “somme e valori” della nuova stesura. Nel nuovo art. 51, c. 1, è stata mantenuta la precedente impostazione in base alla quale si afferma l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente e quindi la totale imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, salvo quanto espressamente escluso dal successivo comma 2.
Come sottolinea il Ministero delle Finanze nell’oramai storica circolare n. 326/1997, il concetto “tutte le somme e i valori” intende la quantificazione dei beni e dei servizi che il dipendente percepisce nel periodo d’imposta, a qualunque titolo, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro e quindi tutti quelli in qualunque modo riconducibili al rapporto di lavoro, anche se non provenienti direttamente dal datore di lavoro.
Pertanto, il reddito di lavoro subordinato ricomprende tutto ciò che il lavoratore percepisce in relazione al rapporto di lavoro, si tratti di somme in denaro, beni o servizi, anche se a titolo di rimborso, transazione, partecipazione agli utili ecc., non essendo più richiesto dalla norma alcun rapporto tra corresponsione e prestazione lavorativa. Da tale principio discende che sono riconducibili al rapporto di lavoro, anche se erogate da terzi, le somme e i valori, comunque percepiti, in relazione al rapporto di lavoro, comprese le indennità comunque denominate, di cassa o di maneggio di denaro, di volo e di navigazione (solo 50%), di missione continuativa di salvataggio, le mance nella misura corrisposta (salvo la specifica previsione per i croupiers). Per effetto dell’unificazione delle basi imponibili, fiscale e previdenziale, disposta dallo stesso D.Lgs. 314/1997, il principio vale anche ai fini dell’applicazione dei contributi previdenziali, salvo le esplicite esclusioni previste dal riformulato art. 12, L. 153/1969. Il principio di onnicomprensività è peraltro mitigato, sia in campo fiscale che previdenziale, dalla previsione di somme e valori che non concorrono a formare il reddito imponibile o vi concorrono solo parzialmente. Si pensi al trattamento delle trasferte o dei trasferimenti.
Per quanto riguarda le mance, il Tuir se ne occupa nell’art. 51, c. 2, lett. i), affermando che non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente le mance percepite dai croupiers nella misura del 25% dell’ammontare percepito nel periodo d’imposta. Per questa categoria di lavoratori viene stabilito un particolare regime di determinazione della base imponibile delle mance, percepite direttamente o per effetto del riparto eseguito a cura di appositi organismi costituiti all’interno dell’azienda, in relazione all’attività di lavoro dipendente. La previsione non è estensibile ad altre categorie di lavoratori e la richiamata circolare n. 326/1997 lo sottolinea affermando che “Si tratta, peraltro, dell’unica ipotesi in cui le mance sono assoggettate a tassazione per un importo ridotto”.
La Corte di Cassazione ha ritenuto ammissibile l’eccezione avanzata dall’Amministrazione Finanziaria, che richiama espressamente il sopra annotato art. 51, c. 1, ritenendo quindi che l’onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente comporti l’imponibilità di tutto ciò che il dipendente riceve, anche se non direttamente dal datore di lavoro.
La corresponsione della mancia, seppure come atto di liberalità, deriva dal rapporto di lavoro e si lega quindi causalmente al rapporto stesso, nel senso che l’esistenza del rapporto di lavoro costituisce il necessario presupposto per la percezione delle mance da parte del dipendente.
Ne consegue che rientra nella determinazione del reddito di lavoro subordinato anche quanto corrisposto da soggetti diversi dal datore di lavoro, ma comunque riconducibile al rapporto di lavoro stesso.