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22 Febbraio 2022
La rivalutazione da parte delle persone fisiche consente di aggiornare il costo di acquisto ai fini della successiva cessione con impatto per la determinazione della plusvalenza costituente reddito diverso (capital gain).
La rideterminazione del costo di acquisto delle partecipazioni possedute dalle persone fisiche non rileva nel caso di recesso tipico del socio dalla società, in quanto rilevante ai soli fini del capital gain. Come noto, in più occasioni il legislatore ha riproposto la possibilità, in capo alle persone fisiche, di rivalutare le quote di partecipazione in società non quotate e i terreni posseduti a condizione di redigere una perizia di stima (da parte di soggetto abilitato) e di versamento dell’imposta sostitutiva dovuta.
Ciò che bisogna ricordare è l’effetto della rivalutazione, e più precisamente che il valore indicato nella perizia (e su cui è stata versata l’imposta) costituisce il nuovo costo fiscale della partecipazione in caso di successiva cessione da parte del possessore. In altre parole, la rivalutazione in questione porta alla determinazione di un nuovo costo di acquisto della partecipazione ai soli fini della determinazione della plusvalenza rilevante ai sensi degli artt. 67 e 68 del Tuir.
Come noto, infatti, la cessione di una partecipazione da parte di una persona fisica, al di fuori di un’attività d’impresa, genera reddito diverso pari alla differenza tra corrispettivo percepito e costo di acquisto (che corrisponde a quello rivalutato per coloro che aderiscono a tale opportunità). Tuttavia, potrebbe accadere che un socio esca dalla compagine sociale ottenendo la liquidazione del valore della sua quota da parte della società stessa (recesso), con la conseguenza che il reddito ottenuto non rientra tra quelli diversi, bensì costituisce reddito di capitale ai sensi dell’art. 47, c. 7, del Tuir. Secondo tale disposizione, infatti, “le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti costituiscono utile per la parte che eccede il prezzo pagato per l’acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate“. In tale ipotesi, l’eventuale rivalutazione della quota da parte del socio receduto non avrebbe effetto ai fini della determinazione del reddito di capitale (dividendo) riveniente dalla fuoriuscita dalla società, con conseguente incremento del reddito soggetto a tassazione.
Tale aspetto va quindi valutato con attenzione da parte di quei soci che, avendo rivalutato la quota di partecipazione, intendono svincolarsi dal rapporto sociale, nel qual caso la convenienza (ai fini fiscali) è certamente a favore della cessione della quota (anche a favore degli altri soci) e non nel recesso con liquidazione della quota da parte della società (e conseguente decremento del patrimonio sociale). In tale ultimo caso, infatti, il costo fiscale della partecipazione da contrapporre al valore preso a riferimento per il recesso non tiene conto dell’avvenuta rivalutazione. Per completezza, si ricorda, infine, che la recente legge di Bilancio 2022 (L. 234/2021) non ha riproposto la possibilità di rivalutare il costo di acquisto delle partecipazioni possedute da persone fisiche.