Accertamento, riscossione e contenzioso
02 Settembre 2021
La transazione fiscale, anche in assenza di accordo con l’Agenzia delle Entrate, può essere omologata dal Tribunale se è previsto un soddisfacimento dei crediti erariali più favorevole rispetto a quello ricavabile dalla liquidazione dell’impresa.
Normativa di riferimento – In deroga al principio di indisponibilità e irrinunciabilità del credito erariale o contributivo, l’imprenditore in difficoltà può avanzare ad Agenzie fiscali ed Enti di Previdenza il pagamento parziale o dilazionato del debito. Di recente il Legislatore attraverso l’art. 3, c. 1-bis, D.L. n. 125/2020, ha previsto la possibilità per il Giudice di omologare (a determinate condizioni) il concordato preventivo (art. 160, L.F.), l’accordo di ristrutturazione dei debiti (art. 182-bis, L.F.) e l’accordo di composizione della crisi (art. 3, L. n. 3/2012), anche in mancanza di voto o di adesione da parte dell’Amministrazione Finanziaria alla proposta di transazione loro formulata.
In sostanza, al fine di ottenere l’accoglimento della proposta occorre (oltre alle maggioranze richieste dalle normative di riferimento) che la proposta di soddisfacimento dei crediti erariali e previdenziali appaia anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista, più conveniente rispetto alla (ipotetica ed eventuale) alternativa liquidatoria. Elemento determinante per il buon esito dell’istanza tesa alla rimodulazione dei debiti verso gli Enti istituzionali è rappresentato dalla cd. finanza esterna (cfr. C.M. n. 34/E/20). Si tratta di risorse, estranee al patrimonio dell’impresa in crisi, che non sono nella disponibilità del debitore al momento dell’omologa del piano di ristrutturazione, ma che vengono messe al servizio del solo fabbisogno concordatario.
E’ evidente che, al fine di rendere credibile una proposta transattiva (verso il Fisco, ma soprattutto al giudizio del Tribunale) occorre ricercare nuove disponibilità finanziarie, estranee al patrimonio aziendale, destinate al soddisfacimento del piano dilatorio.
Orientamenti giurisprudenziali – Le primissime pronunce rese note dalla giurisprudenza di merito valorizzano la ratio legis della modifica normativa contenuta nell’art. 3, c. 1-bis, D.L. 125/2020, vale a dire quella di dare certezza alle modalità di esecuzione dell’accordo e garantire un sicuro incasso per l’Erario.
Se l’ottica deve essere quella di adottare un provvedimento vantaggioso per gli interessi dello Stato, rispetto ad una alternativa infruttuosa in caso di fallimento, non possono non accogliersi con favore le recenti pronunce del Tribunale della Spezia 14.01.2021 e del Tribunale di Teramo 19.04.2021.
Benché adottate nell’ambito di una procedura di composizione della crisi da esdebitazione la prima, ed in relazione ad una procedura di concordato preventivo la seconda, le statuizioni raggiunte sono estendibili all’ipotesi di ristrutturazione dei debiti.
Osservazioni conclusive – In termini generali la convenienza della proposta di transazione per l’Erario non dipende, a parere di chi scrive, solo da quel che grazie a essa il Fisco può ricevere in più rispetto alla somma che riceverebbe mediante la liquidazione dell’impresa.
Andrebbero valutati, evidentemente in direzione prospettica, gli oneri che grazie a tale proposta lo Stato potrebbe evitare di sostenere, come, ad esempio, quelli derivanti dal fallimento dell’ente giuridico, quali il necessario ricorso agli ammortizzatori sociali, ma anche la perdita definitiva di gettito derivante dall’azzeramento della massa impositiva causa cessazione dell’attività aziendale.