Accertamento, riscossione e contenzioso
18 Maggio 2024
La C.G.T. Taranto (sentenza n. 3/2024) dispone l’illegittimità dell’atto di accertamento in capo al socio di una società a ristretta base sociale qualora la pretesa dell’Amministrazione Finanziaria non sia sorretta da adeguata prova.
L’Agenzia delle Entrate notificava un atto di accertamento a un contribuente, socio di una società a ristretta base partecipativa, quale conseguenza del maggior reddito d’impresa accertato in capo alla società. Al socio venivano pertanto imputati, pro quota, presunti maggiori redditi quali utili “in nero”.
Appare utile ricordare che non esiste una disposizione normativa che definisce in maniera univoca il concetto di “ristretta base sociale”, così come non esiste una norma che definisce chiaramente le casistiche in cui l’Amministrazione Finanziaria ha la potestà di accertare la distribuzione ai soci di maggiori utili “in nero”. Finora tale casistica è stata trattata solamente dalla prassi dell’Agenzia delle Entrate, nonché dall’orientamento giurisprudenziale formatosi.
La giurisprudenza di legittimità (ex multis Cassazione n. 28542/2017) definisce la società a ristretta base sociale come la fattispecie in cui vi è un rapporto di solidarietà e di reciproco controllo della gestione da parte dei soci che fa ritenere plausibile in tutti la conoscenza degli affari sociali e la consapevolezza dell’esistenza di utili extrabilancio, alla cui distribuzione è ragionevole ritenere che tutti i soci, in assenza di validi elementi deponenti in senso contrario, abbiano partecipato in misura conforme al loro apporto sociale.