Riporto perdite nelle scissioni e fusioni, si cambia

In ordine ai limiti di riporto delle perdite fiscali, alle eccedenze degli interessi passivi indeducibili e dell’ACE l’art. 173, c. 10 si limita a rinviare alle disposizioni del c. 7 (post riforma cc. 7, 7-bis, 7-ter e 7-quater) dell’art. 172 in tema di fusioni, con l’accompagnamento della precisazione che alla società scissa devono andare raccordate le prescrizioni riguardanti le società fuse o incorporate e alle società beneficiarie quelle relative alla società risultante dalla fusione o incorporante.

La principale norma di riferimento (art. 172, c. 7) post riforma ha introdotto il test di verifica preposto a rimediare alle fusioni con scatole prive di patrimonio. Il patrimonio netto contabile, infatti, pur costituendo un parametro di confronto oggettivo di semplice uso, non appare nella condizione di rappresentare la vera ricchezza sociale residua, dal momento che trascura tutte le plusvalenze latenti e non informa di possibili intangibile che potrebbero rivelarsi di strategica importanza per la società.

Va infine sottolineato che il patrimonio netto contabile, allo scopo di evitare condotte di artificioso, temporaneo gonfiamento, deve in ogni caso essere considerato espellendo dal computo tutti i conferimenti in denaro e in natura e qualsiasi versamento in conto capitale o a fondo perduto temporalmente effettuati nei 24 mesi anteriori alla data di riferimento del bilancio e della situazione patrimoniale, con la sola esclusione dei contributi erogati a norma di legge dallo Stato o da altri enti pubblici.