Imposte dirette
04 Dicembre 2023
Le istruzioni dell’Agenzia delle Entrate dopo la possibilità concessa dal D.L. 145/2023.
Il D.L. 18.10.2023, n. 145 ha previsto alcune sostanziali novità, anche in ambito fiscale. Fra i provvedimenti introdotti vi è quello che riconosce alle persone fisiche titolari di partita Iva, con ricavi o compensi 2022 di ammontare non superiore a 170.000 euro, la possibilità di effettuare il versamento del secondo acconto Irpef entro il maggior termine del 16.01.2024 e di suddividere l’importo dovuto in 5 rate di eguale importo. Il versamento può essere posticipato in unica soluzione senza interessi o dilazionato fino a 5 rate mensili, da gennaio a maggio, con scadenza il giorno 16 di ogni mese e applicazione degli interessi, a partire dalla seconda rata di febbraio.
La norma, individuata dall’art. 4 del decreto, è rivolta con sufficiente chiarezza alle persone fisiche titolari di partita Iva e, pertanto, esclude coloro che non detengono la partita Iva. Se dunque appaiono netti i requisiti soggettivi (trattasi di persone fisiche con partita Iva) e oggettivi (con un limite dei ricavi non superiore a 170.000 euro) indicati dalla norma, rimaneva qualche dubbio in merito a quelle categorie di persone fisiche con redditi legati all’esistenza di una partita Iva (non personale) che si riverberano però direttamente in capo a esse (ad es.: soci persone fisiche di società con tassazione direttamente in capo ai primi per trasparenza). Sul punto è opportunamente intervenuta la circolare 9.11.2023, n. 31/E, relativamente a quelle categorie di reddito per le quali potevano sorgere dei dubbi interpretativi.
Il documento di prassi, nell’individuare i soggetti che possono avvalersi della nuova disposizione, applicabile esclusivamente per l’anno 2023, conferma la rilevanza delle novità anche per il titolare dell’impresa familiare o dell’azienda coniugale non gestita in forma societaria. Con riferimento a tali attività, cui è riconosciuta l’agevolazione in forza della natura individuale, la circolare precisa poi che non possono fruire del rinvio del versamento in esame i collaboratori familiari e il coniuge del titolare d’impresa (salvo che non siano, a loro volta, titolari di partita Iva).
In considerazione della ratio agevolativa della disposizione in commento, la stessa interessa, ovviamente, anche i contribuenti tenuti a versare in un’unica soluzione l’acconto delle imposte sui redditi, dovuto in base al modello Redditi PF 2023.
Fatte queste precisazioni, tenuto conto del dato letterale della norma e come confermato dalla circolare a essa dedicata, devono ritenersi esclusi dall’ambito di applicazione della misura di cui trattasi i seguenti soggetti:
Le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate proseguono con l’individuazione dei componenti positivi rilevanti ai fini del mancato sforamento del limite di ricavi. Allo scopo di verificare l’eventuale superamento della soglia di 170.000 euro, si deve far riferimento ai compensi, nonché ai ricavi di cui all’art. 57 del Tuir, dichiarati per il periodo d’imposta 2022. Sempre al medesimo fine, deve ritenersi rilevante l’ammontare complessivo dei ricavi dell’impresa familiare e dell’azienda coniugale.
L’art. 57 del Tuir, come precisato dall’Agenzia delle Entrate, richiama in generale l’art. 85 del Tuir e, quindi, non è possibile considerare solo i ricavi di cui alle lett. a) e b).
Pertanto, devono essere considerati ricavi ai fini della disposizione in esame anche:
Per quanto riguarda la determinazione dei compensi professionali non vi sono ulteriori particolari precisazioni.
Qualora il contribuente eserciti più attività contraddistinte da codici ATECO differenti, ai fini del diritto all’accesso al differimento in esame, l’Amministrazione ritiene doversi assumere la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate. Nel caso in cui, inoltre, la persona fisica eserciti contestualmente un’attività di lavoro autonomo e un’attività d’impresa si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle attività esercitate.
È possibile fruire del differimento del termine soltanto laddove, nel 2022, i soggetti siano stati anche titolari di reddito di impresa. A quel punto, al fine di verificare l’applicabilità della norma in esame, in luogo dell’ammontare dei ricavi si dovrà fare riferimento all’ammontare del volume d’affari di cui al campo VE50 del modello di dichiarazione Iva.
Qualora il contribuente non fosse tenuto alla presentazione della dichiarazione Iva, si dovrà fare riferimento all’ammontare complessivo del fatturato. Dovrà cioè tenersi conto, oltre che delle operazioni certificate tramite fattura, anche di quelle inviate mediante memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate.