ETS ed Enti non commerciali
29 Dicembre 2023
Il protrarsi dei tempi di completamento della Riforma del Terzo settore pone alle Onlus l’alternativa tra rinunciare ad alcune opportunità o valutare il “rischio” di iscriversi comunque al RUNTS prima dell’autorizzazione della Commissione Europea.
Il passaggio da Onlus a ETS, dato il prolungarsi del periodo transitorio, in attesa dell’autorizzazione della Commissione Europea, sta creando in molti casi una perdita di opportunità per gli enti che cominciano a sentire troppo stretti i legami posti dalla disciplina delle Onlus.
Da più parti si inizia a considerare se convenga iscriversi al RUNTS anche prima dell’abrogazione delle Onlus, che dovrebbe avvenire a decorrere dal periodo di imposta successivo all’autorizzazione della Commissione Europea (art. 101, c. 10 D.Lgs. 117/2017) e comunque non prima del periodo d’imposta successivo di operatività del registro (art. 104, c. 2 D.Lgs. 117/2017), oppure sino al momento di iscrizione al Registro se antecedente a questa data. In questa logica, conviene tenere fermo, anzitutto, il disposto dell’art. 101, c. 8 del CTS, secondo cui la perdita della qualifica di Onlus a seguito di iscrizione nel Registro Unico Nazionale del Terzo settore, anche in qualità di impresa sociale, non integra un’ipotesi di scioglimento dell’ente ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dagli artt. 10, c. 1, lett. f) D.Lgs. 4.12.1997, n. 460 e 4, c. 7, lett. h) D.P.R. 26.10.1972, n. 633.
Diventando ETS si avrà la possibilità di:
Ciò premesso, si esaminano ora gli effetti di carattere fiscale che si determinano a seguito della perdita della qualifica di Onlus ai fini Ires e Irap.
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ETS non commerciali – Per la determinazione del reddito complessivo ai dovrà fare riferimento all’art. 143 del Tuir. In particolare, per quanto riguarda il reddito di impresa, partendo da una contabilità unica della Onlus occorrerà distinguere tra sfera commerciale (art. 55 del Tuir), fiscalmente rilevante, e sfera istituzionale. A tal fine occorrerà impostare una contabilità separata tra le 2 sfere di attività (si veda l’art. 144, c. 2 del Tuir). Mentre per i ricavi la separazione tra ricavi (commerciali) e proventi è abbastanza semplice, non altrettanto si può dire per i costi. Per i costi diretti, nulla questio.
Per quanto riguarda i costi promiscui, vale la regola posta dall’art. 144, c. 4 del Tuir. Ai fini della determinazione del reddito di impresa, valgono le norme di cui al Titolo II del Tuir.
La distinzione tra attività commerciale e attività istituzionale è rilevante anche ai fini Irap. Infatti, l’Irap si calcola sull’imponibile previdenziale dei lavoratori destinati all’attività istituzionale; mentre, per i lavoratori destinati all’attività commerciale, si calcola con il metodo della produzione netta.
ETS commerciale – Ai fini delle imposte dirette, gli ETS commerciali (art. 79, c. 5 del CTS) sono tassati, come le imprese sociali, alla stessa stregua delle società (vedi Titolo II, Capo II del Tuir). Per quanto riguarda il reddito di impresa, tali enti compileranno il quadro RF del Mod. Redditi “Società ed enti commerciali”; “saranno soggetti agli studi di settore, e potranno beneficiare del cuneo fiscale ai fini Irap”. Gli ETS commerciali saranno inoltre soggetti a Irap e Imu.
La qualificazione (commerciale o non commerciale) dell’ente ha riflessi anche ai fini dell’Iva. In materia di Iva, la riforma del Terzo settore non ha previsto una particolare disciplina. Risulta, dunque, applicabile il D.P.R. 633/1972. L’art. 89, c. 7, lett. b) del codice del Terzo settore, tuttavia, introduce alcune modifiche nel D.P.R. 633/1972 che ci interessano particolarmente. La norma così si esprime: “all’art. 10, c. 1, ai numeri 15, 19, 20 e 27-ter del D.P.R. 633/1972 la parola Onlus è sostituita dalle seguenti: enti del Terzo settore di natura non commerciale”. In altri termini, per quanto riguarda le prestazioni sociosanitarie e sanitarie, molto diffuse nel Terzo settore, l’esenzione da Iva, dopo la iscrizione al RUNTS, compete solo agli ETS non commerciali, con esclusione, quindi, degli ETS commerciali e delle imprese sociali. Si evidenzia il danno enorme arrecato da questa norma agli enti che, gestendo con modalità commerciali le proprie attività statutarie rientranti nell’art. 10, nn. 15, 19, 20 e 27-ter D.P.R. 633/1972, in qualità ETS commerciali o imprese sociali si troverebbero a dovere applicare l’Iva nella misura del 22% sulle proprie prestazioni di carattere sociale, con il rischio di andare fuori mercato.
Il tema è talmente rilevante che la legge delega per la riforma fiscale (art. 7, lett. g) L. 9.08.2023, n. 111) prevede, tra l’altro, la revisione di tale norma. Basterebbe sostituire nell’art. 89, c. 7 del CTS la dizione: “ETS non commerciali” con “Enti del Terzo settore”.