Associazioni sportive dilettantistiche e Sport
25 Settembre 2023
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del D.Lgs. 29.08.2023, n. 120 si consolidano le modifiche apportate alle prestazioni sportive dei volontari e del trattamento delle somme erogate a titolo di rimborso spesa.
Possiamo affermare che la riforma del lavoro sportivo ex D.Lgs. 36/2021 parte dal generale riordino delle prestazioni rese nell’ambito del sodalizio sportivo e della relativa qualificazione dei prestatori: da un lato i lavoratori, sportivi e non, che rendono la propria prestazione dietro corrispettivo, dall’altro i volontari che, ai sensi dell’art. 29 D.Lgs. 36/2021, mettono a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere lo sport, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ma esclusivamente con finalità amatoriali.
La figura del volontario, sostituendosi a quella inizialmente prevista dell’amatore, si ritaglia una specifica regolamentazione che, nonostante la sintetica disciplina normativa, ne identifica esaustivamente le caratteristiche e ruolo funzionali al sodalizio sportivo.
Sotto il profilo soggettivo il volontario è, nella sua più generica accezione contemplata per i volontari degli ETS, quel soggetto dotato di determinate capacità (tecniche e pratiche) ritenute utili al perseguimento delle finalità istituzionali e che, per quanto invece più specificamente contemplato dall’art. 29 D.Lgs. 36/2021, meglio si qualificano in riscontrabili abilità anche nello “svolgimento diretto dell’attività sportiva, nonché della formazione, della didattica e della preparazione degli atleti”.
Sotto il profilo oggettivo ciò che distingue il volontario da un lavoratore sportivo, e pertanto anche dalla qualificazione o meno di un rapporto di lavoro, sono le peculiari modalità con cui dev’essere resa la prestazione, in modo personale ma soprattutto spontanea e gratuita, senza fini di lucro.
Se ci soffermiamo sugli elementi caratterizzanti la prestazione del volontario sportivo possiamo notare che presenta molti punti di contatto con quella svolta dal volontario definito dalla disciplina degli ETS ex art. 17 D.Lgs. 117/2017 (Codice del Terzo settore), in particolar modo per quel che concerne il divieto di remunerabilità della prestazione e la regolamentazione dei rimborsi spesa. Pertanto, ribadendo che queste 2 figure sono assolutamente diverse e diversamente disciplinate, in questa sede sarà utile confrontarle tentando di trarne qualche deduzione sulla novellata disciplina dei rimborsi spesa dei volontari sportivi.
In merito alla gratuità della prestazione sportiva del volontario, il primo periodo dell’art. 29, c. 2. 29 recita “Le prestazioni sportive dei volontari (..) non sono retribuite in alcun modo nemmeno dal beneficiario” e, al successivo periodo, che “per tali prestazioni sportive possono essere rimborsate esclusivamente le spese documentate relative al vitto, all’alloggio al viaggio e al trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente”. In base al medesimo principio di gratuità viene inoltre sancita, al successivo comma 3, l’incompatibilità della prestazione sportiva del volontario con qualsiasi forma di rapporto di lavoro subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di lavoro retribuito con l’ente di cui il volontario è socio o associato o tramite il quale svolge la propria attività sportiva.
Quanto ai rimborsi spesa, il Legislatore li ammette come unica erogazione di denaro a favore del volontario, con “esclusivo” riferimento alle spese “documentate” di vitto, alloggio, viaggio e trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente.
Facendo un primo confronto notiamo che, diversamente dalla disciplina ex art. 17, c. 3 D.Lgs. 117/2017 che rimanda alla qualificazione delle spese rimborsabili con una delibera dell’ente, i rimborsi a favore del volontario sportivo sono normativamente confinati alle sole spese per il vitto, l’alloggio, il viaggio e il trasporto sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale di residenza del percipiente.
Il decreto correttivo (D.Lgs. 120/2023) aggiunge un ultimo periodo al comma 2 dell’art. 29 D.Lgs. 36/2021 disciplinando, similmente a quanto previsto per i volontari degli ETS ex art. 17, c. 4 D.Lgs. 117/2017, che “le spese sostenute dal volontario possono essere rimborsate anche a fronte di autocertificazione resa ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, purché non superino l’importo di 150 euro mensili e l’organo sociale competente deliberi sulle tipologie di spese e le attività di volontariato per le quali è ammessa questa modalità di rimborso”.
L’autocertificazione è sostanzialmente una deroga “amministrativa” alla rendicontazione analitica delle spese sostenute (di vitto, alloggio, viaggio e trasporto) nella cui forma è ammessa la rimborsabilità al volontario purché:
L’autocertificazione resa dal volontario dovrà sostitutivamente garantire l’effettivo sostenimento della spesa, quindi l’effettivo possesso del giustificativo del volontario, non ritenendosi ammissibile qualsiasi forfettizzazione delle somme dichiarate a rimborso, eccezion fatta per i rimborsi chilometrici calcolati sulla base delle tabelle ACI, salvo espressa rendicontazione dei tragitti effettuati e la relativa connessione con le prestazioni.
Data questa letterale interpretazione sulla disciplina dei rimborsi spesa dei volontari sportivi, non mancano certamente i dubbi di plausibili e diverse interpretazioni che potranno essere chiariti con le indicazioni di prassi che si spera saranno fornite a breve dall’Agenzia delle Entrate.
Ma quello che andrà soprattutto valutato con attenzione è che l’apporto “liberale” non celi una prestazione lavorativa, circostanza che vedrebbe riqualificato il volontario come “lavoratore” e le somme erogate a titolo di rimborso come corrispettivo o retribuzione, il tutto articolato all’interno di un apparato sanzionatorio che vedrebbe addirittura applicabile la maxi sanzione per lavoro nero nel caso in cui fosse accertata la natura subordinata di una prestazione, quindi di un rapporto sconosciuto alla Pubblica Amministrazione.