Altre imposte indirette e altri tributi
08 Luglio 2024
La C.G.T. di Caserta (sentenza n. 2608/2024), richiamando i principi di legittimità, ha ribadito l’applicazione dell’imposta di registro in misura fissa alle scritture private di riconoscimento di debito.
Il trattamento impositivo degli atti di riconoscimento di debito è stato oggetto negli anni di ampio dibattito in giurisprudenza. L’Amministrazione Finanziaria era solita tassare tale fattispecie in misura proporzionale (pari al 3%), ritenendo il riconoscimento di debito un atto a contenuto patrimoniale, ai sensi dell’art. 9 della tariffa parte prima del D.P.R. 131/1986 (testo unico imposta di registro). In altri casi, la stessa Amministrazione, applicava le disposizioni di cui all’art. 3 della tariffa parte prima inquadrandoli tra gli atti di natura dichiarativa e applicando la misura proporzionale dell’1%.
Nel caso sottoposto ai giudici campani, l’Agenzia delle Entrate applica le disposizioni di cui al richiamato art. 9 e dunque la scrittura privata di riconoscimento di debito viene tassata con l’imposta di registro nella misura del 3%, con la conseguente irrogazione di sanzioni.
La sentenza di primo grado n. 2608/2024 in commento ricorda correttamente che, sul tema, sono intervenute le Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 7682/2023, che hanno posto (o per meglio dire avrebbero dovuto porre) fine al dibattito giurisprudenziale disponendo che tale scrittura ha carattere meramente ricognitivo di situazione debitoria certa, non avendo per oggetto prestazione a contenuto patrimoniale, e quindi è soggetta a imposta di registro in misura fissa solo in caso d’uso.