Imposte dirette
09 Dicembre 2022
La manovra di Bilancio risponde (in parte) alla promessa di portare la soglia dei ricavi per i soggetti forfetari da 65.000 a 100.000, assestandosi in realtà a 85.000 euro.
In campagna elettorale, uno dei temi forti è stato l’aumento della soglia di fatturato per la flat tax degli autonomi da 65.000 a 100.000 euro. Nel disegno di legge di Bilancio 2023 in discussione parlamentare, tale promessa si sta concretizzando in un aumento della soglia da 65.000 a 85.000 euro, con l’espulsione immediata dal regime, anche in corso d’anno, al superamento dei 100.000 euro.
Per meglio comprendere le caratteristiche del regime forfetario così modificato, cominciamo con il ricordare che oltre al limite di ricavi è previsto un 2° limite che riguarda le spese per prestazioni di lavoro, fissato a 20.000 euro. Il regime è destinato sostanzialmente a chi lavora da solo.
La flat tax del 15% (5% per le nuove attività) si applica alla differenza tra i ricavi o compensi e le spese, calcolate a loro volta in via forfettaria. Per i professionisti, sui quali ci concentriamo per ragioni di spazio, i costi sono forfettizzati al 22%. Quindi, una struttura di costi pesante (un ufficio in una città del Nord, ad esempio) rende meno conveniente il regime.
Ci sono poi diverse cause di esclusione. La maggior parte ha natura antielusiva ed è volta a impedire che il reddito sia splittato tra il professionista e una o più società. Altra causa di esclusione è quella che impedisce di applicare il regime a chi collabora con il precedente datore di lavoro (per motivi più che evidenti). Ha natura diversa, invece, la causa di esclusione che colpisce chi ha già un reddito di lavoro dipendente di almeno 30.000 euro (questi ultimi potrebbero però utilizzare il nuovo regime per i redditi incrementali).
I contributi Inps possono essere ridotti del 35%, dietro domanda all’Ente, e possono essere dedotti dal reddito anche complessivo. L’Iva non si applica e la fattura elettronica, ancora per il 2023, è facoltativa sotto 25.000 euro. Sono inoltre previste numerose semplificazioni.
Le novità 2023 riguarderanno, pertanto, l’incremento della soglia e l’espulsione immediata al superamento dei 100.000 euro. Sicuramente quest’ultima caratteristica rappresenta un miglioramento del modello. Fino a oggi, l’espulsione dal regime forfetario si verifica solo dall’anno successivo a quello in cui si perdono i requisiti. In questo modo è possibile usare il sistema dell’altalena per alternare redditi medio-bassi (fino a 65.000 euro) con redditi alti e rimanere sempre sostanzialmente in regime forfetario. La nuova regola interrompe questo schema ed è quindi apprezzabile (per i più).
Circa il merito della misura, è abbastanza intuitivo che essa si rivolge prevalentemente a quei professionisti la cui attività è di simil-lavoro dipendente, tipicamente mono-committenti senza alcuna struttura propria. Per questi soggetti il confronto con la tassazione dei lavoratori dipendenti, nella maggior parte dei casi, non ha storia. Basta considerare che l’aliquota minima Irpef è al 23% e l’aliquota marginale sfiora il 45% con le addizionali. Ovviamente la convenienza complessiva dipende anche dalle diverse tutele e dalla effettiva possibilità di scelta, ma qui ci fermiamo perché il discorso rischia di diventare partigiano. Segnaliamo soltanto che il soggetto forfetario con soli redditi assoggettati a flat tax (dividendi, cedole, taluni affitti, ecc.) è tecnicamente un incapiente. Non potrà, ad esempio, assorbire bonus da ristrutturazione non cedibili.