ETS ed Enti non commerciali
15 Luglio 2024
Non essendo ancora pervenuta l’autorizzazione della Commissione Europea di cui all’art. 101, c. 10 del Codice del Terzo settore, la normativa fiscale delle Aps e delle Odv di riferimento non è quella contenuta nel codice stesso, ma è ancora quella dell’art. 148 del Tuir.
Il D.Lgs. 117/2017 (codice del Terzo settore) traccia le discipline fiscali specifiche per le Organizzazioni di volontariato (Odv) e le Associazioni di promozione sociale (Aps), contenute rispettivamente negli artt. 84 e 85 del Codice del Terzo Settore. Focalizzandoci sul tema delle Aps, si osserva come l’art. 85 non sia ancora pienamente in vigore, con la sola eccezione del comma 7, la cui efficacia è anticipata dall’art. 104, c. 1.
Secondo l’art. 85, non si considerano commerciali le attività svolte dalle associazioni di promozione sociale in diretta attuazione degli scopi istituzionali effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, dei propri associati e dei familiari conviventi degli stessi, di altre associazioni di promozione sociale che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o iscritti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché nei confronti di enti composti in misura non inferiore al 70% da enti del Terzo settore ai sensi dell’art. 5, c. 1, lett. m).
Non si considerano, altresì, commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati e ai familiari conviventi degli stessi verso pagamento di corrispettivi specifici in attuazione degli scopi istituzionali. Inoltre, non si considerano commerciali le attività di vendita di beni acquisiti da terzi a titolo gratuito a fini di sovvenzione, a condizione che la vendita sia curata direttamente dall’organizzazione senza alcun intermediario e sia svolta senza l’impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenzialità sul mercato.
Mentre si considerano comunque commerciali, ai fini delle imposte sui redditi, le cessioni di beni nuovi prodotti per la vendita, le somministrazioni di pasti, le erogazioni di acqua, gas, energia elettrica e vapore, le prestazioni alberghiere, di alloggio, di trasporto e di deposito e le prestazioni di servizi portuali e aeroportuali nonché le prestazioni effettuate nell’esercizio delle seguenti attività:
Tutto questo non è però ancora applicabile alle Aps iscritte al Runts, giacché l’efficacia delle disposizioni di cui al titolo X del Codice, ovverosia la parte fiscale, è subordinata all’autorizzazione della Commissione Europea, richiesta a cura del Ministero del Lavoro.
Alcuni articoli, a dire il vero, sono già applicabili alle Onlus non ancora trasmigrate, nonché alle Odv e alle Aps trasmigrate o iscritte, nonché agli Ets regolarmente iscritti: si tratta degli art. 77, 78, 81, 82, 83 e 84, c. 2, 85, c. 7 e dell’art. 102, c. 1, lett. e), f) e g).
Come possiamo vedere, non è presente l’art. 85, se non con singolo riferimento al comma 7 (I redditi degli immobili, destinati in via esclusiva allo svolgimento di attività non commerciale da parte delle associazioni di promozione sociale, sono esenti dall’imposta sul reddito delle società). Dunque, l’articolo 85 non è applicabile al momento.
Qual è la norma fiscale di riferimento per le Aps in questo momento? La risposta è: continuano ad applicarsi le norme del D.P.R. 917/1986 (Tuir) relative al regime fiscale degli enti non commerciali.
In particolare, per le Aps si applicano le previsioni di cui all’art. 148 del Tuir, rivolte agli enti non commerciali costituiti in forma associativa. Il citato art. 148, al comma 1 dispone che “non è considerata commerciale l’attività svolta nei confronti degli associati o partecipanti, in conformità alle finalità istituzionali, dalle associazioni, dai consorzi e dagli altri enti non commerciali di tipo associativo. Le somme versate dagli associati o partecipanti a titolo di quote o contributi associativi non concorrono a formare il reddito complessivo”.
Il successivo comma 2 dispone che “si considerano effettuate nell’esercizio di attività commerciali «le cessioni di beni e le prestazioni di servizi agli associati o partecipanti verso pagamento di corrispettivi specifici, compresi i contributi e le quote supplementari determinati in funzione delle maggiori o diverse prestazioni alle quali danno diritto. Detti corrispettivi concorrono alla formazione del reddito complessivo come componenti del reddito di impresa o come redditi diversi secondo che le relative operazioni abbiano carattere di abitualità o di occasionalità”.
Il comma 3, per talune tipologie di enti associativi (tra cui le Aps), prevede che “non si considerano commerciali le attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, di altre associazioni che svolgono la medesima attività e che per legge, regolamento, atto costitutivo o statuto fanno parte di un’unica organizzazione locale o nazionale, dei rispettivi associati o partecipanti e dei tesserati dalle rispettive organizzazioni nazionali, nonché le cessioni anche a terzi di proprie pubblicazioni cedute prevalentemente agli associati”.