Bandi, agevolazioni, bonus, contributi a fondo perduto
22 Giugno 2023
La disciplina del superbonus, in scadenza nel 2023, apre un faro sul “reddito di riferimento” che rappresenta un antipasto del quoziente familiare, pilastro della riforma Irpef.
L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare n. 13/E recante delucidazioni in merito alle “Modifiche alla disciplina del superbonus”. Tra i vari requisiti per accedere al superbonus nel 2023, in particolare, colpisce l’attenzione per la novità la regola del “reddito di riferimento familiare”. Infatti, l’agevolazione è esclusa per chi possiede un “reddito di riferimento” familiare superiore a 15.000 euro.
Tale fattispecie è di più ampio interesse in quanto potrebbe essere anticipatoria di un istituto atteso nella riforma tributaria e del quale si dibatte da anni. Stiamo ovviamente riferendoci al quoziente familiare, uno dei pilastri della riforma Irpef, pensato per tenere conto dei carichi familiari.
Accontentiamoci, per il momento, di capire come viene concepito il reddito di riferimento ai fini del superbonus. Anzitutto, il reddito di riferimento è calcolato dividendo il reddito complessivo familiare per un coefficiente denominato “numero di parti”. Si tratta di una logica che richiama quella dell’ISEE ma priva di riferimenti al patrimonio. Gli elementi essenziali della formula, quindi, sono il “reddito complessivo familiare” e il “numero di parti”.
Il reddito complessivo si applica su base familiare. Occorre, dunque, comprendere i redditi del contribuente, del coniuge non separato o del soggetto legato da unione civile anche se non presenti nello stato di famiglia, del convivente (identificato con i criteri della legge Cirinnà) se presente nello stesso nucleo familiare, nonché degli altri familiari fiscalmente a carico (ossia con redditi inferiori a 2.840,51 euro o a 4.000 euro per i figli fino a 24 anni).
Il reddito va rilevato nell’anno precedente a quello di riferimento, così come la composizione del nucleo familiare. Secondo l’Agenzia il reddito complessivo deve tenere conto sia di quanto risulta in dichiarazione dei redditi sia di quei redditi assoggettati a flat tax, la cui disciplina prevede di considerarli ai fini dei benefici. Quindi, l’Agenzia elenca tra i redditi da considerare quelli locativi assoggettati a cedolare secca, i redditi di impresa e di lavoro autonomo assoggettati ad imposta sostitutiva, e della quota di agevolazione ACE.
Per quanto riguarda il numero di parti si fa riferimento al nucleo familiare formato dagli stessi soggetti sopramenzionati (contribuente, coniuge o convivente, familiari a carico). In numero di parti corrisponde a 1 per i nuclei formati da una sola persona, a 2 se è presente anche il coniuge o il convivente, e di un ulteriore coefficiente in funzione degli ulteriori familiari a carico: 0,5 per un familiare; 1 per 2 familiari; 2 per 3 o più familiari.
L’Agenzia sottolinea che coniuge o convivente rilevano a prescindere dalle proprie condizioni reddituali, quindi anche se non a carico. I familiari, che potrebbero essere a carico di entrambi i genitori separati, rilevano in entrambi i nuclei familiari per intero. È previsto il conteggio del familiare per intero anche se è stato a carico solo per una parte di anno.
Infine, non è d’ostacolo nel conteggio delle parti la circostanza che per i figli spetti l’assegno universale e non la detrazione.