Diritto del lavoro e legislazione sociale

06 Luglio 2024

Reato di sfruttamento del lavoro

È reato sfruttare lo stato di bisogno di una persona sottoponendola a condizioni di lavoro pericolose per la sua sicurezza ed economicamente degradanti.

Tra le fattispecie presupposto della responsabilità amministrativa da reato, l’art. 25-quinquies D.Lgs. 231/2001, rubricato “Delitti contro la personalità individuale”, indica il delitto di “Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro” di cui all’art. 603-bis c.p.


Qualora l’ente sia riconosciuto colpevole di tale delitto, possono essergli irrogate sanzioni pecuniarie e interdittive, quest’ultime per un periodo non inferiore a un anno; non solo, se lo stesso ente o una sua unità organizzativa è utilizzata in modo stabile, unicamente o in prevalenza, per consentire o agevolare la commissione del reato, è applicabile la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività. Per quanto riguarda poi le sanzioni pecuniarie vale sottolineare che queste possono oscillare da un minimo di 103.000 a un massimo di 1.549.000 euro.

Quindi, a ben vedere, un apparato sanzionatorio rigoroso in riferimento all’eventuale responsabilità dell’ente collettivo, inteso a colpire in modo specifico il fenomeno tristemente conosciuto come “caporalato”, cui vanno aggiunte anche le sanzioni penali previste dal citato art. 603-bis c.p. per la persona fisica che commette il reato, che può essere punita con la reclusione da 1 a 6 anni e con la multa da 500 a 1.000 euro per ciascun lavoratore reclutato (intermediazione illecita), se:

  • recluta manodopera allo scopo di destinarla al lavoro presso terzi in condizioni di sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno del lavoratore;
  • utilizza, assume o impiega manodopera, anche mediante attività di intermediazione, sottoponendo il lavoratore a condizioni di sfruttamento ed approfittando del suo stato di bisogno.

Qualora il fatto sia commesso con violenza o minaccia, la pena della reclusione è da 5 a 8 anni e la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.

In ordine allo “sfruttamento”, la norma prescrive che ne costituiscono indici la sussistenza di una o più delle seguenti condizioni:

  • la reiterata corresponsione di retribuzioni in modo palesemente difforme dai contratti collettivi nazionali o territoriali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative a livello nazionale, o comunque sproporzionato rispetto alla quantità e qualità del lavoro prestato;
  • la reiterata violazione della normativa relativa all’orario di lavoro, ai periodi di riposo, al riposo settimanale, all’aspettativa obbligatoria, alle ferie;
  • la sussistenza di violazioni delle norme in materia di sicurezza e igiene nel luogo di lavoro;
  • la sottoposizione del lavoratore a condizioni di lavoro, a metodi di sorveglianza o a situazioni alloggiative degradanti.

Inoltre, costituiscono aggravanti specifiche che comportano l’aumento della pena da 1/3 alla metà:

  • se il numero di lavoratori reclutati è superiore a 3;
  • se uno o più dei soggetti reclutati sono minori in età non lavorativa;
  • l’aver commesso il fatto esponendo i lavoratori sfruttati a situazioni di grave pericolo, avuto riguardo alle caratteristiche delle prestazioni da svolgere e delle condizioni di lavoro.

A giudicare dagli ultimi gravi fatti di cronaca, sembra che nessuna sanzione, per quanto pesante, riesca a contrastare decisamente il grave fenomeno del caporalato, per lo più riconducibile a specifici settori economici, quali ad esempio agricoltura ed edilizia- Lungi da immediate e azzardate generalizzazioni, ne consegue l’esigenza di acquisire una maggiore coscienza collettiva nel biasimare il detto fenomeno, specie quando al supermercato si confrontano i prezzi del reparto ortofrutta.

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

© 2024 Tutti i diritti riservati · Centro Studi Castelli Srl · Privacy · Cookie · Credits