Altre imposte indirette e altri tributi
25 Ottobre 2023
L’ordinamento vigente non prevede una norma che imponga di accantonare il trattamento di fine mandato degli amministratori secondo i criteri quantitativi previsti per i lavoratori dipendenti.
Il trattamento di fine mandato (TFM) è un costo interamente deducibile dal reddito così come previsto dall’art. 105, c. 4 del Tuir, secondo cui gli accantonamenti annuali relativi all’indennità in argomento sono deducibili per competenza, in misura corrispondente alla quota maturata nell’esercizio.
L’Agenzia delle Entrate, nella risoluzione 22.05.2008, n. 211/E (confermata dalla risoluzione 13.10.2017, n. 124), ammette la deducibilità per competenza degli accantonamenti soltanto nel caso in cui l’indennità risulti attribuita con atto di data certa anteriore all’inizio del rapporto.
Se non sussiste la prova di “data certa” anteriore all’inizio del rapporto, sempre secondo l’Agenzia, la società può dedurre il TFM in base al criterio di cassa, ovvero all’atto del pagamento. La posizione dell’Amministrazione Finanziaria si basa sull’assunto che il rinvio all’art. 17, c. 1, lett. c) del Tuir, contenuto nell’art. 105, c. 4, deve essere inteso quale riferimento ai soli rapporti che risultano da atti aventi data certa anteriore all’inizio del mandato.
Condivide l’assunto di prassi la Norma di comportamento AIDC di Milano n. 125 pubblicata nel mese di aprile del 1995, secondo cui, qualora non ricorra la data certa anteriore all’inizio del rapporto, la deducibilità del TFM seguirebbe le regole previste dall’art. 17, c. 1, lett. c) del Tuir, cioè nell’esercizio di corresponsione al pari dei compensi per gli amministratori.
Anche secondo la tesi, oramai consolidata della Corte di Cassazione, resa nota nella sentenza 6.11.2020, n. 24848, la data certa è una condizione necessaria per la deduzione per competenza dei ratei accantonati annualmente.
Isolata la posizione di altra dottrina formalizzata nel parere Cndcec 1/2009, che riprende le conclusioni cui erano giunti i commercialisti AIDC (Norma di Comportamento 7.04.2011, n. 180), che disattendendo le conclusioni cui erano pervenuti con la norma n. 125/1995, avevano ritenuto comunque deducibile ai fini Ires, in base al principio di competenza, l’accantonamento di tale indennità se previsto da una deliberazione assembleare.
In sede normativa alcun riferimento delinea la misura del TFM e, di conseguenza, dell’accantonamento periodico della quota al fondo. Ciò significa che, allo stato, l’importo rimane liberamente regolato dalla volontà delle parti.
A tal fine, quindi, soccorrono i principi espressi dalla citata sentenza n. 24848/2020, ove i Giudici hanno stabilito che l’importo accantonato non deve essere necessariamente proporzionato al compenso annuo previsto per l’amministratore.
L’orientamento del Supremo Collegio è stato condiviso dai Giudici della Corte di giustizia tributaria dell’Emilia-Romagna, nella sentenza n. 319/08/2023, che hanno sottolineato l’assenza di una norma che imponga di accantonare il trattamento di fine mandato degli amministratori secondo gli stessi criteri quantitativi previsti per i lavoratori subordinati.
Al contrario, secondo la tesi l’Agenzia delle Entrate (risoluzioni 22.05.2008, n. 211 e 13.10.2017, n. 124), e in forza di una asserita equiparazione degli accantonamenti di TFM a quelli di quiescenza e previdenza, sarebbe preclusa la deducibilità dei ratei annuali per importi superiori al compenso annuo degli amministratori diviso per 13,5, cioè entro il limite previsto dall’art. 2120 c.c. per il TFR spettante ai lavoratori dipendenti.