Diritto del lavoro e legislazione sociale

27 Agosto 2024

Quando il lavoro agile diventa un diritto del lavoratore

Il lavoro agile non si manifesta soltanto come una diversa modalità organizzativa del lavoro, ma come uno strumento di conciliazione dei tempi vita-lavoro, a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori.

La contrattazione collettiva aziendale svolge un’importante funzione di integrazione ed estensione della normativa su quello che è uno degli obiettivi del lavoro agile: la conciliazione vita-lavoro. In che modo l’autonomia collettiva può intervenire e disciplinare il lavoro agile come strumento volto a favorire la conciliazione vita-lavoro, ponendo maggiore attenzione alle esigenze dei lavoratori? Evidenziando in primis le loro esigenze:

  • individuando la priorità di accesso al lavoro agile per alcune categorie di lavoratori, quali i lavoratori malati o con familiari malati, le lavoratrici in stato di gravidanza, con doveri di cura di figli di età inferiore a 8 anni, disabili, ecc.
  • individuando le fasce di flessibilità oraria che consentono ai lavoratori di iniziare e concludere la prestazione di lavoro non tanto ad un orario specifico, ma all’interno di una fascia oraria predeterminata;
  • promuovendo la “personalizzazione dell’orario di lavoro” tramite una differente distribuzione oraria o con riduzione di orario, anche mediante ricorso al part-time o alla banca del tempo.

Come possono le aziende gestire il lavoro agile in maniera conforme alla normativa? In questo ci viene in aiuto la giurisprudenza che, sia prima che durante la pandemia, ha prodotto alcuni contributi utili per la redazione dell’accordo di smart working, con spunti di riflessione pratici per individuare, prevenire e gestire al meglio le problematiche. Ne analizziamo insieme 2.

Cassazione, sentenza n. 27913/2020 – La Cassazione ritiene ingiustificato il diniego del datore di lavoro all’uso della formula agile quando richiesto dal lavoratore e quando le esigenze lavorative lo permettono; “la mancata predisposizione di tutti i dispositivi atti a tutelare la salute dei lavoratori sul luogo di lavoro viola l’art. 32 della Costituzione che garantisce il diritto alla salute come primario ed originario dell’individuo, ed altresì l’art. 2087 c.c. che, imponendo la tutela dell’integrità psico fisica del lavoratore da parte del datore di lavoro prevede un obbligo, da parte di quest’ultimo, che non si esaurisce nell’adozione e nel mantenimento perfettamente funzionale di misure di tipo igienico sanitarie o antinfortunistico ma attiene anche e soprattutto alla predisposizione di misure atte a preservare i lavoratori dalla lesione di quella integrità nell’ambiente o in costanza di lavoro anche in relazione ad aventi pur se allo stesso non collegati direttamente ed alla probabilità di concretizzazione del conseguente rischio”.

Tribunale di Roma Sez. Lavoro, Ordinanza 21.01.2021 n. 5961 – Il Tribunale di Roma Sez. Lavoro ha riconosciuto il diritto di una lavoratrice allo smart working a causa delle condizioni di salute e anche per assistere la madre ultraottantenne portatrice di handicap.

Le 2 sentenze appena riportate lasciano intendere che lo smart working può essere adottato anche come strumento di well-being aziendale, di conciliazione dei tempi vita-lavoro e di tutela della salute dei lavoratori.

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