ETS ed Enti non commerciali
10 Febbraio 2025
Per determinare il trattamento fiscale dell’ente non lucrativo, occorre fare riferimento all’art. 73 del Tuir. Ciò vale nel periodo transitorio in attesa della autorizzazione della Commissione Europea, anche per gli enti del Terzo settore (ETS).
Premesso che non necessariamente l’ente non lucrativo, costituito ai sensi del Libro Primo del Codice Civile (associazioni, fondazioni, comitati, ecc.), assume la qualifica di ente non commerciale ai fini fiscali, l’interrogativo che ci si pone è il seguente: l’ente non profit, fiscalmente, è un ente commerciale o un ente non commerciale?
L’art. 73 del Tuir, con riferimento agli enti residenti nel territorio dello Stato, qualifica come commerciali gli enti che hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (lett. b) e come non commerciali gli enti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (lett. c).
L’art. 73, c. 4 afferma, anzitutto, che l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata (criterio legale di autenticazione dell’ente). Successivamente, si precisa che: “per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto”.
Occorre, cioè, verificare se in questo documento sia prevista come attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi istituzionali dell’ente un’attività non qualificabile come commerciale ai sensi dell’art. 55 del Tuir (criterio sostanziale). In caso contrario, ci troveremmo di fronte a un ente commerciale. Come chiarito dalla circolare 12.05.1998, n. 124/E, “Se l’attività essenziale per realizzare direttamente gli scopi primari è non commerciale, l’ente deve annoverarsi fra quelli non commerciali, sia ai fini dell’imposta sui redditi che dell’imposta sul valore aggiunto”. Diversamente, l’ente, ancorché dichiari finalità non lucrative, è considerato ente commerciale quando l’attività essenziale per la realizzazione degli scopi tipici è di natura commerciale.
Accanto a questo criterio formale, ve n’è uno fattuale, introdotto dall’art. 149 del Tuir che ha condizionato la conservazione della qualifica non commerciale dell’ente anche alla circostanza che l’esercizio dell’attività commerciale non risulti quantitativamente prevalente rispetto all’attività istituzionale.
Siamo dunque di fronte a un criterio qualitativo (legge, statuto) e a un criterio quantitativo (attività di fatto svolta). Ora, ci domandiamo: nell’ipotesi in cui ci sia la contemporanea presenza di attività istituzionale e di attività commerciale, si deve dare la prevalenza allo statuto oppure alla attività effettivamente svolta? A nostro parere la circolare citata sopra, non risolve il problema. Si limita, infatti, a ripetere che “nell’ipotesi in cui i menzionati atti (atto costitutivo o statuto) prevedano lo svolgimento di più attività, di cui alcune di natura commerciale e altre di natura non commerciale, per la qualificazione dell’ente occorre fare riferimento all’attività che per lo stesso risulta essere essenziale, vale a dire quella che gli consentirà il raggiungimento degli scopi primari e che caratterizza l’ente medesimo”.
Un’ultima considerazione deve essere fatta dal punto di vista metodologico. Ai fini di stabilire l’assoggettabilità a imposta dei contributi erogati da enti pubblici per attività convenzionate occorre prima stabilire la natura (commerciale o non commerciale) dell’ente (risoluzione n. 70/E/2002).
Il tema non è di poco conto. Basti pensare all’inquadramento fiscale di case di riposo, di case di cura, di scuole gestite da enti non profit che ricevono contributi pubblici in misura significativa, e, qualora abbiano la natura di ente commerciale, non possono applicare l’agevolazione di cui all’art. 143, c. 3, lett. a) del Tuir operazioni non imponibili.
Da ultimo, si richiama qui il contenuto della recente circolare n. 75/E/2023 dell’Agenzia delle Entrate che si pone sulla stessa lunghezza d’onda della circolare n. 124/E/1998. In estrema sintesi, la circolare precisa che “ai fini della natura tributaria dell’ente rileva il carattere commerciale o non commerciale dell’attività essenziale per la realizzazione degli scopi statutari. Nessun rilievo assume invece, ai fini della qualificazione dell’ente non commerciale, la natura, pubblica o privata, del soggetto, la rilevanza sociale delle finalità perseguite, l’assenza del fine di lucro o la destinazione del risultato”.