Estero
13 Giugno 2024
Il manifesto di carico vidimato dall’Ufficio doganale di uscita rappresenta una valida prova alternativa dell’esportazione e giustifica l’applicazione del regime di non imponibilità Iva. Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella sentenza 12.03.2024, n. 6584.
Prova delle esportazioni – Preliminarmente, può essere utile ricordare che:
Il caso di specie – Nel caso esaminato, una società italiana effettuava cessioni di beni destinati a un soggetto extra Ue (islandese) applicando il regime di non imponibilità Iva (ex art. 8, c. 1, lett. b) D.P.R. 633/1972). L’esportazione veniva perfezionata dallo Stato membro Ue (Paesi Bassi) da cui i beni venivano esportati (Porto di Rotterdam) con bolletta doganale di export intestata ad un soggetto estero.
A fronte di quanto sopra, l’Agenzia delle Entrate rilevava la carenza di documentazione probatoria attestante l’avvenuta cessione all’esportazione; in particolare il set documentale proposto dalla società cedente (costituito dalle fatture di vendita, le lettere di vettura del trasportatore, la nota di consegna allo spedizioniere olandese ed i manifesti di carico timbrati dalla dogana di Rotterdam) veniva considerato insufficiente. Infatti, la società italiana non poteva fornire direttamente la prova dell’invio dei beni all’estero, in quanto:
Nonostante quanto sopra, la Suprema Corte ha riconosciuto la rilevanza del manifesto di carico vidimato dalla dogana di uscita (ovvero il documento che, ai sensi dell’art. 120 del D.P.R. 43/1973, il capitano della nave deve presentare all’Ufficio doganale per la vidimazione prima di partire dal porto e attestante il carico della merce a bordo della nave del trasportatore) a provare l’uscita della merce dal territorio comunitario. Pertanto, anche questo documento rappresenta una valida prova alternativa e giustifica l’applicazione del regime di non imponibilità Iva per le cessioni all’esportazione.