Imposte dirette
08 Settembre 2021
Nell'ambito dei trasferimenti di immobili è possibile derogare al criterio generale di determinazione della base imponibile ai fini del calcolo dell'imposta di registro, in luogo della più favorevole disciplina del valore catastale.
L’art. 1, c. 497 L. 266/2005, ha introdotto, a decorrere dal 1.01.2006, una deroga al criterio generale di determinazione della base imponibile nell’ambito dei trasferimenti immobiliari, stabilendo che, in presenza di determinati requisiti (soggettivi e oggettivi) e di specifiche condizioni (di cui si dirà in seguito), la base imponibile, ai fini delle imposte di registro, deve essere costituita dal “valore catastale” (c.d. “prezzo-valore”), indipendentemente dal corrispettivo pattuito riportato nel contratto di compravendita (generalmente più elevato).
Fermi restando gli altri requisiti previsti dalla norma, per l’applicazione della disciplina del “prezzo-valore” è necessario che le parti dichiarino nel contratto di trasferimento l’intero corrispettivo pattuito della compravendita. La mancanza di tale informazione, oltre a rendere inapplicabile la speciale disciplina agevolativa qui in commento, comporta un pesante regime sanzionatorio: ai sensi dell’art. 1, c. 498 L. 266/2005 “se viene occultato, anche in parte, il corrispettivo pattuito, le imposte sono dovute sull’intero importo di quest’ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal 50 al 100% della differenza tra l’imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l’importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell’art. 71 D.P.R. 131/1986“.
Si rammenta che, ai sensi dell’art. 71, D.P.R. 131/1986 “se il valore definitivamente accertato dei beni o diritti di cui all’art. 51, cc. 3 (immobili e diritti reali immobiliari) e 4 (atti che hanno per oggetto aziende), ridotto di 1/4, supera quello dichiarato, si applica la sanzione amministrativa dal 100 al 200% della maggiore imposta dovuta. Per i beni e i diritti di cui all’art. 52, c. 4 la sanzione si applica anche se la differenza non è superiore al quarto del valore accertato”.
Diverso risulta essere il caso in cui nell’atto di compravendita sia riportato un valore catastale inferiore rispetto a quello risultante dall’applicazione dei criteri dettati dall’art. 52, cc. 4 e 5 D.P.R. 131/1986. Al ricorrere di tale fattispecie, l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto che “l’insufficiente indicazione in atto del valore catastale non riespande il potere accertativo dell’ufficio sulla base del “valore venale in comune commercio”, ai sensi del combinato disposto degli artt. 51 e 52 del TUR, ma consente allo stesso di quantificare la maggiore imposta scaturente dalla base imponibile catastale, rideterminata secondo i criteri dettati dall’art. 52, cc. 4 e 5 del TUR” (risoluzione 176/E/2009).
Nel caso in cui le parti del contratto di compravendita immobiliare abbiano disposto che una parte del corrispettivo per la cessione sia versata in un momento successivo alla conclusione dell’atto medesimo, l’obbligo di indicazione analitica delle modalità di pagamento del corrispettivo deve ritenersi assolto mediante l’indicazione degli elementi utili all’identificazione dei tempi, degli importi e delle modalità di versamento di quanto dovuto a saldo.
In presenza di tali indicazioni, quindi, non è possibile irrogare la sanzione impropria (accertamento di maggior valore ai fini dell’imposta di registro) per la mancata indicazione dei pagamenti. Pertanto, ove l’atto abbia goduto dell’applicazione del “prezzo-valore”, continua a beneficiare della valutazione automatica (risoluzione n. 53/E/2014).