Società e contratti

26 Ottobre 2024

Prezzo di cessione non congruo: la responsabilità dell’amministratore

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza non ha mutato i profili di responsabilità degli amministratori di società di capitali nell’ambito del reato di bancarotta.

Con la sentenza 11.07.2024, n. 27690 la Corte di Cassazione, Sez. Penale, torna a esaminare i profili di responsabilità degli amministratori in caso di dissesto della società.

In primo luogo, gli Ermellini affermano che la nozione di “operazione dolosa” postula una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo, bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato (ex multis, Cass., Sez. V, 25.09.2014, n. 47621; Cass., Sez. V, 18.02.2010, n. 17690).

Il fatto per essere tipico deve, poi, cagionare il dissesto della società o quantomeno aggravarlo, se già in atto al momento della realizzazione della condotta. E in tal senso si è precisato, altresì, che l’aggravamento del dissesto deve essere considerato globalmente e non già con riferimento a singole situazioni debitorie, sicché quando l’entità complessiva del medesimo sia comunque rimasta invariata o sia stata persino ridotta, la circostanza che la condotta abusiva abbia incrementato determinate voci di passivo non giustifica, di per sé, un’affermazione di responsabilità ai sensi della disposizione in questione, salvo che non si accerti che la diminuzione del passivo, con riguardo ad altre voci, sia stata causata da fattori autonomi ed indipendenti. Solo in questo caso, infatti, è possibile affermare che, essendo per tali fattori migliorata la situazione, la condotta del soggetto, in sé considerata, ha comunque comportato un peggioramento (Cass., Sez. V, 28.03.2003, n. 19806).

Infine, sul versante dell’elemento soggettivo, l’evento dannoso così configurato, per non essere imputato all’agente a titolo di mera responsabilità oggettiva, deve, quantomeno, essere da lui prevedibile quale conseguenza della propria condotta, ancorché la sua volontà non sia diretta alla sua causazione (ex multis, Cass., Sez. V, sent. 14.01.2004, n. 19101; Cass., Sez. I, sent. 13.12.2007, n. 3942).

Infatti, riguardo ai reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale e quello di bancarotta impropria da operazioni dolose, la Suprema Corte ha ribadito che, il primo, postula il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari, tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano cagionato il dissesto, essendo sufficiente che questo sia effettivamente intervenuto; mentre, il secondo, come già ricordato in precedenza, concerne, invece, condotte dolose che non costituiscono distrazione o dissipazione di attività, ma che devono porsi in nesso eziologico con il fallimento (oggi liquidazione giudiziale).

Non di meno, se la vendita a un prezzo incongruo si vuole costituisca la causa dell’aggravamento del dissesto in quanto segmento di un’operazione dolosa, devono essere considerate le azioni contestualmente poste in essere per ridurre in altro modo il passivo della società ed eventualmente idonee a neutralizzare in tal modo il pregiudizio patrimoniale determinato dall’operazione nel suo complesso considerata e che al primo negozio possono ritenersi in concreto collegate, ancorché non formalmente.

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