Accertamento, riscossione e contenzioso
07 Giugno 2024
La Corte di Cassazione ha rimarcato che la presunzione che assume come redditi sottratti a tassazione la consistenza degli investimenti e delle attività finanziarie detenute nei paradisi fiscali, non opera retroattivamente.
Sul tema è anche recentemente intervenuto il Legislatore modificando l’art. 3 dello Statuto del Contribuente e prevedendo in generale l’irretroattività delle presunzioni legali relative.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 30.05.2024, n. 15210, ha ribadito il principio di irretroattività della norma tributaria, di cui all’art. 3 L. 212/2000, con riferimento all’art. 12, c. 2 D.L. 78/2009 (norma che prevede che gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, in violazione degli obblighi di cui all’art. 4 D.L. 167/1990 sul monitoraggio fiscale, debbono presumersi costituite, ai fini fiscali, da redditi sottratti a tassazione), essendo quest’ultima una norma che solo in apparenza ha carattere procedimentale, mentre in realtà ha carattere sostanziale, in quanto di diretta ingerenza sulla procedura di acquisizione della prova, valida quindi solo per gli accertamenti successivi al 2009.
La sentenza appare del tutto condivisibile e a tal proposito si deve considerare come l’art. 12, c. 2 D.L. 78/2009, preveda che in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, ai soli fini fiscali e salva prova contraria, si presumono costituite mediante redditi sottratti a tassazione. In tale caso, le sanzioni previste dall’art. 1 D.Lgs. 18.12.1997, n. 471, sono previste in misura raddoppiata.