Diritto privato, commerciale e amministrativo

24 Luglio 2024

Prescrizione maturata tra la cartella e il primo avviso d’intimazione

Per la Cassazione (ord. n. 16743/2024) la mancata impugnazione di un’intimazione notificata fuori termine di prescrizione non rende definitiva la pretesa, essendo possibile al contribuente far valer la mancata interruzione della prescrizione sull'intimazione successiva.

Un contribuente impugnava un (secondo) avviso di intimazione, emesso dall’agente della riscossione, eccependo che diverse cartelle di pagamento, sottese all’avviso, fossero prescritte alla data in cui era stato notificato un primo avviso di intimazione.
La C.T.R. rigettava l’appello del contribuente sostenendo che i crediti recati dalle cartelle di pagamento, non sarebbero stati prescritti. In particolare, secondo il giudice d’appello:

  1. non poteva farsi valere la prescrizione eventualmente maturata in data antecedente alla notificazione delle cartelle di pagamento, atteso che la stessa avrebbe dovuto essere eccepita in sede di impugnazione delle menzionate cartelle;
  2. non potrebbe farsi valere la prescrizione successivamente maturata perché non era stato impugnato il primo avviso di intimazione.

Il giudizio giungeva davanti alla Corte di Cassazione la quale, accogliendo il ricorso del contribuente evidenziava taluni principi di diritto meritevoli d’osservazione.

In particolare, confermava la correttezza dell’affermazione della C.T.R. secondo cui non può farsi valere la prescrizione eventualmente maturata in data antecedente alla notificazione delle cartelle di pagamento, in quanto il contribuente deve fare valere l’eventuale prescrizione del credito maturata antecedentemente alla notificazione delle cartelle di pagamento in sede di impugnazione di dette cartelle; non può far valere l’eccezione di prescrizione impugnando un secondo avviso d’intimazione.

Chiariva invece che non poteva considerarsi corretta la seconda affermazione; infatti, precisa la Corte di Cassazione, indipendentemente dall’impugnazione del primo avviso di intimazione, il contribuente ben può far valere in sede di impugnazione del secondo avviso di intimazione la prescrizione eventualmente maturata – peraltro, nell’ordinario termine di prescrizione dei singoli tributi (Cass. S.U. 17.11.2016, n. 23397) – dalla data di notificazione delle singole cartelle di pagamento a quella della notifica del primo avviso di intimazione.

L’avviso di intimazione, infatti, sebbene contenente l’esplicitazione di una ben definita pretesa tributaria, non è un atto previsto tra quelli di cui all’art. 19 D.Lgs. 31.12.1992, n. 546, con conseguente facoltà e non obbligo di impugnazione (Cass. 11.02.2015, n. 2616; si vedano, altresì, Cass. 2.11. 2017, n. 26129; Cass. 21.01.2020, n. 1230). Ciò nondimeno, sotto il profilo sostanziale, l’avviso di intimazione integra un sollecito di pagamento e, in quanto tale, è idoneo ad interrompere il decorso della prescrizione.

Ne consegue, secondo la Cassazione che il contribuente non aveva l’onere d’impugnare il primo avviso di intimazione per fare valere l’eventuale prescrizione dei crediti tributari maturati tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione del primo avviso di intimazione, come ritenuto erroneamente dalla C.T.R.; l’eccezione di prescrizione, pertanto, era stata correttamente proposta in sede di impugnazione del secondo avviso di intimazione e il giudice di appello avrebbe dovuto verificare se detta prescrizione si era effettivamente maturata.

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