Accertamento, riscossione e contenzioso
21 Novembre 2022
Quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna, a restituire o risarcire il danno cagionato dal reato, a favore della parte civile, il giudice nel dichiarare il reato estinto come deve regolarsi con le statuizioni civili?
Ai sensi dell’art. 578 c.p.p., quando nei confronti dell’imputato è stata pronunciata condanna anche generica al risarcimento del danno a favore della parte civile, il giudice dell’impugnazione nel dichiarare il reato estinto per amnistia o prescrizione decide sull’impugnazione ai soli effetti civili.
La norma è evidentemente calibrata sulla maturazione della prescrizione in un momento successivo alla sentenza di condanna, ma cosa succede nel caso in cui la prescrizione fosse già maturata al momento della pronuncia di prime cure?
Secondo un primo orientamento, se si verifica una causa estintiva del reato “a monte” della sentenza di condanna in primo grado, non sarebbe applicabile l’art. 578 c.p.p. e il giudice non potrebbe pronunciarsi sulle richieste della parte civile, revocandone eventualmente le statuizioni civili previste in sentenza. L’orientamento opposto ritiene invece che debba accertarsi il motivo della prescrizione.
Intervenute sul punto le S.U. con sentenza Cass. Pen. 19.10.2022 n. 39614, partendo dal principio dell’accessorietà delle statuizioni civili alla condanna penale sancito dall’art. 538 c.p.p., secondo il quale la pre-condizione perché il giudice penale di primo grado decida sulla domanda risarcitoria della parte civile è l’accertamento della responsabilità penale dell’imputato, ha ritenuto che la portata derogatoria dell’art. 578 c.p.p., debba circoscriversi al caso in cui la prescrizione maturi successivamente alla sentenza di condanna di primo grado.
L’ambito applicativo dell’art. 578 c.p.p. infatti ha come presupposto che sia stata pronunciata una sentenza di condanna dell’imputato agli effetti penali (valida) e una conseguente condanna agli effetti civili del medesimo. Una volta accertata la responsabilità penale, il giudice dell’impugnazione ben può pronunciarsi sulle statuizioni civili, anche qualora constati il successivo maturare della prescrizione, non avendo quest’ultima, ai fini civili, alcuna interferenza temporale con la condanna dell’imputato. Qualora però l’estinzione del reato sia maturata prima della condanna, il principio in parola non può operare, atteso che la condanna emessa per un reato già estinto non può reputarsi valida, indipendentemente dalla motivazione attraverso la quale si giunge al computo della prescrizione.
Ciò che rileva è il momento in cui la prescrizione viene a maturare: se esso è antecedente alla sentenza di condanna di primo grado, le statuizioni civili previste a seguito della condanna devono venir meno; se il momento della prescrizione matura in epoca successiva alla sentenza di condanna, la sentenza “assolutoria” non pregiudicherà le statuizioni civili previste. Del tutto ininfluente è invece il momento e il motivo in cui tale prescrizione viene riconosciuta, sia essa dovuta ad un errato calcolo del giudice di prime cure o a una diversa valutazione e bilanciamento delle circostanze aggravanti e attenuanti riconosciute.
Se il giudice dell’impugnazione ritiene di dover riconoscere una circostanza attenuante non ammessa dal giudice di primo grado, o di bilanciare in maniera diversa le circostanze riconosciute e per effetto del riconoscimento o del bilanciamento viene a modificarsi il periodo di prescrizione ponendo i reati contestati già prescritti al momento della pronuncia della sentenza impugnata, non potrà far altro che far decadere ogni statuizione civile, a fronte del venir meno del primo presupposto per il riconoscimento della condanna civile, ossia la condanna dell’imputato.