Agricoltura ed economia verde
20 Gennaio 2025
L’approfondimento definisce, in maniera sintetica, le caratteristiche principali della normativa relativa alle pratiche commerciali sleali.
Le pratiche commerciali sleali nei rapporti interaziendali si discostano dalla buona condotta commerciale e sono in contrasto con i principi di buona fede e correttezza. La filiera alimentare è vulnerabile alle pratiche commerciali sleali a causa dei forti squilibri tra piccoli e grandi operatori. Spesso gli agricoltori e i piccoli produttori non dispongono di un potere contrattuale sufficiente per difendere i propri interessi.
L’Unione Europea ha pertanto deciso di migliorare la protezione degli agricoltori, nonché dei fornitori di piccole e medie dimensioni, prevedendo norme obbligatorie che vietino determinate pratiche commerciali sleali.
La direttiva (UE) 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nella filiera agricola e alimentare è stata adottata dal Parlamento europeo e dal Consiglio il 17.04.2019. I Paesi dell’UE erano tenuti a recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti giuridici entro il 1.05.2021 e ad applicarla 6 mesi dopo.
L’individuazione delle pratiche commerciali sleali è contenuta sostanzialmente nei seguenti articoli del D.Lgs. 198/2021:
– art. 3, nel quale sono indicati i principi e gli elementi essenziali dei contratti;
– art. 4, in cui è rappresentata una elencazione delle pratiche commerciali sleali vietate;
– art. 5, ove sono elencate altre pratiche considerate sleali dalla disciplina.
La direttiva rientra in un programma di governance più ampio, che punta a realizzare una filiera alimentare più efficiente e più equa, anche basata sulla collaborazione con i produttori e dotata di misure volte a migliorare la trasparenza del mercato. A questa si aggiunge la strategia “Dal produttore al consumatore”, che è stata concepita per contribuire a migliorare la posizione degli agricoltori nella filiera alimentare.
Per migliorare la posizione sia degli agricoltori che delle piccole e medie imprese all’interno della filiera alimentare, l’UE ha adottato una normativa che vieta 16 pratiche commerciali sleali e che opera una distinzione tra pratiche appartenenti alla “lista nera” e alla “lista grigia”.
Lista nera, vietate in qualsiasi circostanza:
– pagamenti a più di 30 giorni per prodotti agricoli e alimentari deperibili;
– pagamenti a più di 60 giorni per altri prodotti agricoli e alimentari;
– annullamenti con preavviso breve di ordini di prodotti agroalimentari deperibili;
– modifiche contrattuali unilaterali da parte dell’acquirente;
– pagamenti non connessi a una specifica operazione;
– rischio di perdita o deterioramento trasferito al fornitore;
– rifiuto di conferma scritta di un accordo di fornitura da parte dell’acquirente, nonostante la richiesta del fornitore;
– uso improprio dei segreti commerciali da parte dell’acquirente;
– ritorsioni commerciali da parte dell’acquirente;
– trasferimento dei costi sostenuti per esaminare i reclami dei clienti al fornitore.
Lista grigia, consentite soltanto se preventivamente concordate in maniera chiara e inequivocabile:
– restituzione dei prodotti invenduti;
– costi di immagazzinamento, esposizione, inserimento in listino dei prodotti a carico del fornitore;
– costi di attività promozionali a carico del fornitore;
– costi di commercializzazione a carico del fornitore;
– costi pubblicitari a carico del fornitore;
– costi per il personale dell’acquirente incaricato dell’allestimento dei locali a carico del fornitore.
La direttiva prevede un’armonizzazione minima tra i Paesi dell’UE al fine di garantire parità di condizioni per quanto riguarda queste pratiche, considerate le più problematiche.