Diritto privato, commerciale e amministrativo
03 Maggio 2021
La situazione autorizza i suoi eredi all'incasso della polizza, o il premio torna a beneficio degli eredi dello stipulante?
Ci si interroga in dottrina se la stipula di una polizza vita a favore di un determinato beneficiario, determini un diritto di credito di quest’ultimo, trasmissibile agli eredi, oppure se tale diritto, venendo a maturare con la morte del disponente, non sia trasmissibile agli eredi in caso di premorienza del beneficiario.
La Suprema Corte in una recente pronuncia (Cass. 15.04.2021, n. 9948) ha chiarito che il diritto del beneficiario della polizza assicurativa sulla vita si trasmette al medesimo al momento della stipula della polizza.
Nel determinare gli effetti a favore del terzo nominato come beneficiario al momento della morte del disponente, si deve infatti fare riferimento ai richiami normativi contenuti nelle norme che lo tipizzano, regolandone diversamente alcuni aspetti (art. 1919 e ss. C.C.). In particolare, nel contratto di assicurazione per il caso di morte, il beneficiario designato acquista, ai sensi dell’art. 1920, c. 3 C.C., un “diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione” che trova la sua fonte nel contratto, pertanto, deve ritenersi che, fin dalla designazione del terzo, il premio assicurativo fuoriesca dal patrimonio del soggetto stipulante ed entri a far parte del patrimonio del beneficiario. In altri termini, nel momento in cui l’assicurato individua il beneficiario, è la stessa norma che indica che questi acquista un diritto iure proprio.
L’art. 1920 C.C. fa discendere l’acquisto del diritto da parte del terzo non tanto dalla stipula del contratto, bensì dalla designazione del beneficiario e dall’accettazione da parte di quest’ultimo, a differenza di quanto previsto con riferimento al contratto a favore di terzo. Tali dichiarazioni, inoltre, devono essere comunicate all’assicurazione che deve adempiere l’obbligazione, ai fini dell’opponibilità della designazione effettuata dal disponente. Infatti, proprio perché si tratta di “un diritto proprio ai vantaggi dell’assicurazione”, per esigenza di tutela dell’affidamento e di certezza del diritto, la nomina del beneficiario o la revoca della nomina a favore di un altro beneficiario, e la stessa rinuncia alla facoltà di revoca, non possono essere desunte da una volontà implicita, ma deve risultare in termini espliciti e nelle forme scritte e comunicate all’assicuratore previste per la designazione del terzo (artt. 1920 e 1921 C.C.) anche per via testamentaria, con specifica attribuzione della somma assicurata a favore di una determinata persona.
Anche solo analizzando le norme che disciplinano il contratto di assicurazione sulla vita, si desume che la liquidazione dell’indennizzo dovuta dall’assicurazione al terzo beneficiario alla morte del disponente fa già parte del patrimonio del terzo che l’abbia accettata. Difatti, l’art. 1921 C.C prevede che la revoca del beneficio non può farsi dagli eredi dopo la morte del contraente, una volta che il beneficiario abbia dichiarato di volerne profittare.
L’ipotesi di premorienza del beneficiario è espressamente disciplinata dall’art. 1412 C.C. in materia di contratto a favore di terzo, che riconosce il trasferimento del diritto agli eredi del beneficiario in caso di premorienza. L’estensione analogica di questa disciplina anche al contratto assicurativo risulta compatibile con la rinuncia alla facoltà di revoca del beneficiario e con il fatto che la morte del disponente non è evento condizionante la nascita del diritto alla prestazione, ma evento che determina la sua esigibilità.