Accertamento, riscossione e contenzioso
10 Dicembre 2019
Per la Cassazione (sent. 15595/2019), l'importo (credito precettato aumentato della metà) delimita anche l'oggetto del processo esecutivo poiché non si può assegnare un importo maggiore nemmeno per effetto di un intervento successivo.
Un creditore promuoveva un pignoramento presso terzi. Nelle more del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, interveniva volontariamente nel procedimento esecutivo da lui stesso iniziato, invocando l’ulteriore titolo esecutivo costituito da un decreto ingiuntivo e formulando richiesta di partecipare alla distribuzione della somma ricavata all’esito della procedura di espropriazione presso il terzo. Il giudice dell’esecuzione gli assegnava solamente una parte delle somme richieste, pari all’importo azionato e pignorato ex art. 546 c.p.c. Giungeva quindi davanti alla Corte di Cassazione la questione se, eseguito un pignoramento presso terzi per una determinata somma, e accertato che il terzo è debitore del debitore esecutato per una somma di molto maggiore, il creditore procedente, acquisito dopo il pignoramento un ulteriore titolo esecutivo, possa utilmente intervenire nella procedura esecutiva e pretendere l’assegnazione del credito pignorato in misura superiore a quella oggetto di pignoramento e comunque eccedente il limite previsto dall’art. 546 c.p.c.
Secondo la Cassazione, pignorando un credito del proprio debitore nei confronti di terzi, il creditore procedente impone al terzo pignorato l’obbligo di non disporre della somma pignorata (artt. 543 e 546, c. 1 c.p.c.).
Tuttavia, il pignoramento di un credito può avvenire non solo per l’intero ammontare di questo, ma anche per una parte soltanto. È dunque rimessa al creditore procedente l’individuazione della somma da sottoporre concretamente a pignoramento, con il solo limite rappresentato dal divieto di azionare in modo frazionato e ingiustificato l’unitario titolo esecutivo (cfr. Cass. 9.04.2013, n. 8576).
In tal caso il vincolo di indisponibilità scaturente dal pignoramento produrrà i suoi effetti nei limiti dell’importo pignorato: oltre tale limite, il debitore esecutato resta libero di disporre del proprio credito; correlativamente il terzo pignorato resta libero di adempiere la parte di credito non pignorata a richiesta del suo creditore. La parte del credito non pignorata non è soggetta a vincoli e, in sede esecutiva, non se ne potrà ordinare l’assegnazione al creditore.
Inoltre, l’intervento nel processo esecutivo realizza un concorso tra creditore intervenuto e creditore procedente usualmente definito accessorio, in virtù del quale l’interventore soggiace alle sorti del primo pignoramento, quindi anche alla sua misura, salvo che nel caso di pignoramento presso terzi non ne chieda l’estensione ex art. 499 c.p.c.
Nel caso in esame, però, il creditore procedente non risultava avere mai validamente nè tempestivamente proceduto all’estensione del pignoramento, con la conseguenza che non poteva invocare un effetto (l’assegnazione del maggior credito emerso all’esito del giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo, rispetto a quello oggetto di pignoramento) in mancanza dell’atto che lo presuppone (l’estensione del pignoramento).
In conclusione, secondo la Cassazione, va fatta applicazione del principio di diritto secondo cui il limite previsto dall’art. 546, c. 1 c.p.c., vale a dire l’importo del credito precettato aumentato della metà, delimita anche l’oggetto del processo esecutivo; pertanto, in difetto di rituale estensione del pignoramento, un intervento successivo, quand’anche del medesimo procedente, non consente il superamento di quel limite e quindi l’assegnazione di crediti in misura maggiore.