Diritto del lavoro e legislazione sociale
02 Dicembre 2023
Pensione di vecchiaia contributiva: beneficiari, requisiti, calcolo, per quali lavoratori costituisce l’unica possibilità di uscita.
Non tutte le pensioni di vecchiaia Inps richiedono un minimo di 20 anni di contributi: in pochi conoscono un trattamento, una pensione di vecchiaia istituita dalla riforma Monti Fornero (art. 24 D.L. 201/2011), che richiede soltanto 5 anni di versamenti. Si tratta della cosiddetta pensione di vecchiaia contributiva. L’età pensionabile, in questo caso, sale però a 71 anni, anziché fermarsi ai 67 previsti per la vecchiaia ordinaria.
Il trattamento, poi, non è per tutti i lavoratori, ma soltanto per coloro il cui assegno è calcolato con sistema interamente contributivo. Attenzione, parliamo dei soli lavoratori privi di contribuzione anteriore al 1996 e non di coloro che scelgono l’opzione al contributivo di cui all’art. 1, c. 23 L. 335/1995. Questi ultimi, infatti, non avendo lo status di iscritto post 31.12.1995, non possono beneficiare di questo particolare trattamento pensionistico (come confermato dall’Inps nella circolare n. 35/2012).
La pensione a 71 anni rappresenta sicuramente l’ultima spiaggia, l’unica possibilità di pensionamento, per tutti quei lavoratori, iscritti dal 1996 in poi, con carriere discontinue e con importanti vuoti, nonché con imponibili piuttosto bassi. Non è infatti richiesto, come per la pensione di vecchiaia ordinaria dei “contributivi puri”, un importo soglia minimo, importo che a oggi è pari a 1,5 volte l’assegno sociale e dal 2024 dovrebbe essere pari all’assegno sociale stesso.
Il problema dell’importo soglia rappresenta certamente una bella spada di Damocle per questi lavoratori, considerando anche che, per i contribuenti la cui pensione è calcolata nel sistema interamente contributivo, non spetta l’integrazione al trattamento minimo. Per contro, chi percepisce la pensione di vecchiaia a 71 anni, pur non potendo beneficiare del trattamento minimo, può beneficiare dell’incremento al milione, sussistendo i requisiti di reddito.
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Il requisito di età, pari attualmente a 71 anni, è soggetto agli adeguamenti alla speranza di vita media: per questo motivo si parla di pensione dei giovani a 75 anni, in quanto ogni incremento dell’aspettativa di vita eleverebbe anche l’età pensionabile.
Molto più snello, invece, il requisito contributivo, pari a soli 5 anni. Tuttavia, deve trattarsi di 5 anni di versamenti effettivi, non possono essere considerati i contributi figurativi, come quelli per disoccupazione, malattia o maternità. È possibile ottenere questa pensione anche in regime di cumulo, ma non si tratta del cumulo ordinario ex art. 1, c. 239 e seguenti L. 228/2012, ma del cosiddetto cumulo contributivo di cui all’art. 1 D.Lgs. 184/1997, che comprende le sole gestioni previdenziali in cui il calcolo della pensione è effettuato con sistema integralmente contributivo.
Abbiamo detto che la pensione di vecchiaia con 5 anni di contributi può essere ottenuta soltanto da coloro che non hanno anzianità anteriore al 1996. Tuttavia, questi contribuenti potrebbero richiedere comunque la pensione di vecchiaia contributiva a 71 anni, optando per il computo di tutti gli accrediti verso la gestione separata dell’Inps (art. 3 D.M. 282/1996).
L’opzione per il computo, però, richiede il possesso di un minimo di 15 anni di contributi, di cui almeno un accredito ma meno di 18 anni di versamenti al 31.12.1995, almeno 5 anni dal 1.01.1996 ed almeno un mese nella Gestione Separata. Di fatto, quindi, i requisiti per la pensione di vecchiaia contributiva per gli iscritti ante 1996 sono 71 anni di età e 15 anni di contributi complessivi nelle Gestioni amministrate dall’Inps. Un requisito di contribuzione ben più severo rispetto ai 5 anni, ma comunque più leggero rispetto ai 20 anni richiesti per la vecchiaia ordinaria.
La pensione di vecchiaia contributiva con computo nella Gestione Separata può dunque costituire una soluzione per chi non vuole perdere importanti spezzoni contributivi accreditati nelle casse Inps.