Diritto del lavoro e legislazione sociale
19 Ottobre 2024
Emanato un decreto legge che contiene delle modifiche ai limiti risarcitori imposti dal Jobs Act.
Lo scorso 16.09.2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il D.L. n. 131/2024 recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione Europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato Italiano”.
Come si evince chiaramente dal titolo, detto provvedimento scaturisce da una procedura d’infrazione europea che aveva posto sotto accusa una norma del Jobs Act, precisamente l’art. 28 D.Lgs. 81/2015, nella parte in cui prevedeva il potere del Giudice di statuire una condanna risarcitoria da 2,5 a 12 mensilità in caso di contratto a termine illegittimo.
Questo limite massimo, atto a ristorare per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, è stato considerato insufficiente e non in linea con le Direttive comunitarie, cosicché l’art. 11 del nuovo decreto legge ha aggiunto “la possibilità per il giudice di stabilire l’indennità in misura superiore se il lavoratore dimostra di aver subito un danno maggiore”.
Inoltre, è stato abrogato il c. 3 dello stesso art. 28 che prevedeva il dimezzamento della predetta indennità in presenza di contratti collettivi che disciplinavano l’assunzione di lavoratori già occupati con contratto a termine nell’ambito di specifiche graduatorie.
L’intervento del Legislatore in materia si é dunque reso necessario perché gli organismi comunitari non hanno ritenuto il tetto forfettario di 12 mesi abbastanza dissuasivo per eventuali comportamenti illegittimi del datore di lavoro e, pertanto, non tutelerebbe adeguatamente il lavoratore.
Il settore più colpito dal fenomeno in questione è sicuramente il pubblico impiego, basti solo pensare ai comparti Scuola e Sanità, dove la continua necessità di coprire dei posti vacanti ha indotto negli ultimi anni le varie amministrazioni ad un ricorso sempre più frequente ai contratti a termine.
Tuttavia, in caso di abusi, nella Pubblica Amministrazione vige il divieto di conversione in contratto a tempo indeterminato e ciò a causa dei vincoli imposti dall’art. 97 della Costituzione, secondo cui negli organici del pubblico impiego si accede solo attraverso procedure concorsuali.
Pertanto, l’unica strada a disposizione del lavoratore danneggiato è quella risarcitoria, rispetto a cui l’art. 36 D.L. 165/2001, come rinnovato dal D.L. 131/2024, distingue 2 diverse ipotesi:
1. la stipula di un contratto in violazione di norma imperativa;
2. la reiterata utilizzazione di contratti di lavoro a tempo determinato.
La prima, che è rimasta sostanzialmente immutata, esclude per l’appunto la costituzione forzosa di un contratto a termine ma prevede soltanto un non meglio specificato diritto al risarcimento del danno.
La seconda, invece, è stata introdotta dal nuovo D.L. e attribuisce al giudice di merito la possibilità di comminare una sanzione risarcitoria compresa tra le 4 e 24 mensilità, tenendo conto sia della gravità della violazione accertata, sia della durata complessiva del rapporto.
In entrambi i casi non è richiesta la dimostrazione del danno in capo al lavoratore, a meno che questi non voglia produrre, in giudizio, degli elementi in grado di quantificare il maggior danno derivante dai rapporti a termine illegittimamente succedutisi.