Diritto del lavoro e legislazione sociale
13 Dicembre 2024
L'assenza prolungata dal lavoro porta alla risoluzione del rapporto senza NASpI. Lo prevede una disposizione contenuta nel D.D.L. lavoro approvato in via definitiva al Senato e in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Dopo il via libera ottenuto alla Camera il 9.10.2024, il D.D.L. Lavoro ha ottenuto l’approvazione definitiva al Senato. Tra le diverse misure, il provvedimento prevede la risoluzione del rapporto di lavoro imputabile alla volontà del lavoratore (dimissioni volontarie) nei casi di assenza ingiustificata che si protragga oltre un certo termine.
La disposizione è finalizzata a contrastare l’indebita percezione dell’indennità di licenziamento da parte dei c.d. furbetti della NASpI, ossia quei lavoratori che, sebbene intenzionati a risolvere il rapporto lavorativo, evitano di presentare le dimissioni e attendono il licenziamento comminato a causa della loro assenza. Per meglio comprendere la fattispecie, si ricorda che dal 12.03.2016 le dimissioni volontarie e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro si considerano efficaci esclusivamente se effettuate con l’apposita procedura telematica del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (art. 26, D.Lgs. 151/2015).
Tale procedura fu introdotta al fine di contrastare il fenomeno delle c.d. dimissioni in bianco (le dimissioni firmate all’atto dell’assunzione senza indicare la data effettiva, al solo scopo di consentire al datore di lavoro di liberarsi del lavoratore in un momento successivo, spesso al verificarsi di eventi quali una malattia, un infortunio o una gravidanza). Ciò posto, occorre altresì ricordare che la disciplina della NASpI, istituita dall’art. 1 del D.Lgs. 22/2015, prevede il riconoscimento dell’indennità solo ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l’occupazione. Per tale motivo, con una pratica disdicevole, il lavoratore che intendeva risolvere il rapporto mantenendo il diritto all’indennità si assentava dal lavoro senza alcuna giustificazione per indurre il datore di lavoro a adottare nei suoi confronti il provvedimento disciplinare espulsivo.
In conseguenza di ciò, il lavoratore riusciva a percepire l’indennità aggirando i presupposti previsti dalla norma e il datore di lavoro subiva un duplice danno economico: da un lato il disagio di avviare l’iter per il licenziamento disciplinare, costretto a privarsi di forza lavoro ed a cercare un sostituto; dall’altro, l’obbligo di versare il contributo aggiuntivo dovuto sui licenziamenti (c.d. ticket di licenziamento, previsto dall’art. 2 della L. 92/2012 nella misura del 41% del massimale mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità negli ultimi 3 anni).
Orbene, allo scopo di evitare il verificarsi di tali situazioni (in particolare l’indebita percezione della NASpI), la disposizione introdotta dal D.D.L. Lavoro prevede che in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione, e il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore, senza riconoscimento della NASpI.
Per quanto riguarda i criteri con cui l’Ispettorato effettuerà la verifica delle comunicazioni inviate dai datori di lavoro e le modalità con cui questi ultimi dovranno inviare la comunicazione sarà necessario attendere le indicazioni dell’INL.
La risoluzione non si applica qualora il lavoratore dimostri l’impossibilità, per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro, di comunicare i motivi che giustificano l’assenza.