Società e contratti
17 Marzo 2022
Continua la scia delle sentenze della Suprema Corte contro la presunzione di attribuzione automatica degli utili extrabilancio ai soci di società di capitali a ristretta partecipazione.
La presunzione di attribuzione automatica ai soci delle società di capitali a ristretta base partecipativa degli utili extrabilancio, emersi a seguito di verifiche fiscali dalle quali emergono ricavi “in nero”, costituisce una delle peggiori creazioni emerse dalle interpretazioni della giurisprudenza, pur in assenza di una norma specifica posta a suo fondamento.
Se è vero che la presenza di società di capitali costituite da un numero limitato di soci, spesso legati tra loro da rapporti di coniugio o parentela, può, in linea teorica, costituire un indizio da cui scaturisce quel rapporto di complicità e reciproco controllo che si pone a fondamento delle interpretazioni della giurisprudenza, ciò non vuol dire che gli accertamenti fiscali in simili società possano essere emessi in modo acritico senza la ricerca di prove concrete e, soprattutto, invertendo l’onere della prova in capo al contribuente accertato.
La vicenda è purtroppo tristemente nota: l’accertamento emesso a carico della società di capitali a ristretta base, da cui emergono ricavi “in nero”, si traduce in successivi accertamenti nei confronti dei soci ai quali vengono imputati pro quota i maggiori utili che si presume essi abbiano percepito.
Se questa impostazione ha trovato il contrasto di numerosa giurisprudenza di merito, difficilmente è riuscita a superare lo scoglio della Corte di Cassazione che, ripetutamente, ha argomentato che tale presunzione non può dirsi illogica. Tuttavia, in tempi recenti, si sta formando un filone giurisprudenziale di segno opposto che riconduce la vicenda entro margini più garantisti per il contribuente.
Si segnala l’ordinanza della Cassazione, sez. VI, 21.02.2022, n. 5575, dove il Supremo consesso ritiene che la presunzione di distribuzione ai soci di società di capitali a ristretta base partecipativa degli utili extracontabili operi in via automatica soltanto nel caso di soci che rivestono anche la qualifica di amministratori di società e/o abbiano anche la rappresentanza legale, mentre per gli altri soci, i quali non hanno la disponibilità degli utili occulti, è l’Agenzia delle Entrate che deve provare il loro coinvolgimento nella gestione sociale. Vengono ribaditi altresì i principi già emersi nel corso di precedenti pronunce (Cass. 19680/2012, 24572/2014, 1932/2016, 26873/2016, 17461/2017, 18042/2018, 23247/2018) ove si afferma che la presunzione può essere vinta dal contribuente dimostrando l’estraneità alla gestione ed alla conduzione societaria.
Su una simile scia si pongono anche le ordinanze 21.02.2022, nn. 5606, 5607 e 5608 in cui si afferma che, nel caso di specie, la presunzione era applicabile solo nei confronti dell’amministratore e non anche nei confronti dei soci perché risultati estranei alla gestione sociale. Nella stessa direzione si muove anche l’ordinanza 24.02.2022, n. 6119.
Dalle sentenze in rassegna si può trarre lo spunto per impostare una linea difensiva sui contenziosi di questo genere, basata sulla prova positiva che deve comunque fornire il contribuente e che può essere senz’altro quella di dimostrare la propria estraneità alla gestione e conduzione degli affari sociali, dal momento che una prova negativa di non aver percepito gli utili che l’Ufficio presume distribuiti risulta molto difficoltosa se non impossibile.