Agricoltura ed economia verde
18 Novembre 2024
La consulenza ai clienti nella rendicontazione ESG o, ancor meglio, nella progettazione e implementazione di un sistema di gestione aziendale sostenibile richiede al professionista conoscenze tecniche estese, anche in ambito ambientale.
L’art. 3 D.Lgs. 125/2024 evidenzia come la rendicontazione della sostenibilità riguardi anche le performance ambientali. Qui si parla di “piani dell’impresa, ove predisposti, inclusi le azioni di attuazione e i relativi piani finanziari e di investimento, atti a garantire che il modello e la strategia aziendali siano compatibili con la transizione verso un’economia sostenibile e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C in linea con l’Accordo di Parigi – omissis – e l’obiettivo di conseguire la neutralità climatica entro il 2050” e di “obiettivi quantitativi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra almeno per il 2030 e il 2050“.
La lotta al cambiamento climatico si traduce in strategie aziendali, obiettivi e azioni per minimizzare l’impatto ambientale delle attività d’impresa, ivi inclusa la riduzione al minimo delle emissioni di gas a effetto serra (GES); per farlo (e rendicontarlo), l’impresa dovrà avviare un processo di transizione (anche) volto alla comprensione dell’impronta di carbonio aziendale e dei suoi diversi tipi di emissioni.
Come procedere? Ci è d’aiuto il Corporate Standard GHG Protocol, standard internazionale per la contabilizzazione e la segnalazione delle emissioni di GES di diverse tipologie.
Le emissioni di Scope 1 si riferiscono a tutte quelle emissioni GES dirette prodotte da un’organizzazione; si pensi a un’azienda che produce vagoni per treni e, nel farlo, utilizza gas metano nella lavorazione del metallo durante il processo, consuma combustibile per i veicoli utilizzati per il trasporto di materiali all’interno dell’impianto e produce rifiuti durante il processo di lavorazione.
Le emissioni di Scope 2 si riferiscono invece a tutte le emissioni GES indirette dovute alla produzione di elettricità, vapore o calore e, pur essendo prodotte altrove, sono direttamente attribuibili all’azienda; in questo caso l’azienda consuma (e acquista) energia elettrica prodotta da una centrale elettrica a carbone e utilizza pure calore generato da un impianto esterno di teleriscaldamento a servizio dell’impianto aziendale di costruzione dei vagoni.
Le emissioni di Scope 3 sono quelle di più difficile misurazione e con l’impatto ambientale più significativo e si riferiscono a tutte emissioni GES indirette collocate all’interno della value chain aziendale, venendo generate da asset, attività o processi non controllati direttamente dall’impresa e comunque riconducibili alla sua attività. In questo caso l’impatto climatico indiretto si ha:
– durante la produzione dei vagoni, a fronte dell’approvvigionamento presso fornitori terzi di materiali, componenti e prodotti e del servizio di trasporto dalla fabbrica del fornitore allo stabilimento dell’impresa;
– nelle fasi post-produzione, avendosi emissioni di GES derivanti dal trasporto e dalla distribuzione dei vagoni lungo la rete ferroviaria e dal processo di riciclo che riguarderà di vagoni dismessi.
Il commercialista facente parte di un team che assiste l’impresa nel processo di rendicontazione dovrà quindi diventare un tecnico ambientalista?
No, gli verrà invece richiesta una conoscenza integrata di norme, pratiche, strumenti e terminologie che, senza renderlo un tuttologo e sempre rispettando il suo ambito specialistico, gli consentirà quella visione d’insieme necessaria per ben capire la portata dell’intervento consulenziale.