IVA
26 Novembre 2018
L’art. 6, c. 3 del decreto IVA prevede che le prestazioni di servizi rese si considerano effettuate al momento del pagamento del corrispettivo. Il comma 4 aggiunge che tale momento deve essere anticipato qualora prima dell’esecuzione del servizio sia emessa fattura o sia avvenuto il pagamento. Queste due regole, salvo alcuni casi particolari relativi a servizi gratuiti e a certe prestazioni internazionali, costituiscono un principio generale verosimilmente finalizzato a fissare con certezza il momento impositivo.
La norma, di per sé lineare, se confrontata con la sovraordinata norma comunitaria causa però equivoci. La norma italiana deriva da quella comunitaria ma, a differenza di quest’ultima, non distingue tra “fatto generatore dell’imposta”, collegato al momento di materiale esecuzione del servizio, ed “esigibilità” che determina il diritto di riscossione dell’Erario verso il prestatore. Nella Direttiva i due eventi, pur se concettualmente distinti, coincidono temporalmente e precedono il pagamento.
Ora, nella disciplina comunitaria è pacifico che l’imponibilità dell’operazione, e cioè la soggezione all’imposta, deve essere valutata con riferimento al momento in cui si verifica il “fatto generatore”. Il legislatore italiano ha però utilizzato una deroga consentita dalla Direttiva e per i servizi, ha fatto coincidere l’esigibilità con il pagamento, nulla aggiungendo in merito al fatto generatore.
Con queste premesse risulta più semplice affrontare casi complessi, come quello posto all’esame delle Sezioni Unite della Cassazione, in cui un architetto riceve un compenso dopo aver cessato l’attività e chiuso la partita IVA. Se rilevasse esclusivamente il momento del pagamento, si dovrebbe ammettere che l’architetto, al momento in cui riceve il pagamento, non è più un soggetto economico e quindi non dovrebbe assoggettare l’operazione a IVA.
La conclusione delle SS.UU. n. 8059/2016 è diametralmente opposta. L’imponibilità della prestazione deve essere valutata al momento in cui è resa, cioè quando si verifica il fatto generatore. Il decreto IVA italiano, infatti, derogando alla direttiva, individua uno speciale momento di esigibilità, ma non interviene sul fatto generatore dell’imposta, che pertanto rimane ancorato al momento di ultimazione del servizio.
È quindi al momento di ultimazione del servizio che devono essere osservate le condizioni di imponibilità dell’operazione. Nel caso esaminato dalla giurisprudenza, la prestazione era stata resa dall’architetto mentre era un soggetto passivo e pertanto, l’architetto deve assoggettare l’operazione a IVA anche se il corrispettivo è riscosso dopo la cessazione dell’attività.
Queste considerazioni rappresentano principi guida che ci torneranno molto utili in svariate circostanze.
Ci preme però ribadire, in linea con la giurisprudenza citata, che al di fuori delle deroghe di cui all’art. 6 D.P.R. 633/1972, non vi è alcun obbligo di emettere la fattura e versare l’IVA al momento di esecuzione del servizio. Secondo granitici principi giurisprudenziali, il contribuente italiano potrebbe invocare l’applicazione diretta di una direttiva (direct effect) ma, al contrario, dalla direttiva non possono discendere obblighi, rimanendo così escluso il cd. reverse direct effect.
Nella nuova disciplina di fattura elettronica, il D.L. 119/2018 ha rafforzato il concetto prevedendo che nella fattura occorra indicare la data in cui è avvenuta la prestazione di servizi ovvero (cioè) la data in cui è corrisposto il corrispettivo. Il legislatore ha così ribadito la specialità del momento impositivo italiano per i servizi, saldandolo con il pagamento.