Diritto privato, commerciale e amministrativo
16 Ottobre 2024
Il mediatore che mette in contatto le parti per la conclusione di un affare ha diritto alla provvigione al momento dell’accettazione della proposta tra le parti, indipendentemente dalla successiva conclusione del negozio giuridico?
Nel contratto di mediazione, il pagamento della provvigione, ai sensi dell’art. 1755 c.c., è strettamente connesso alla conclusione dell’affare. La rilevanza causale della conclusione dell’affare, quale fondamento delle pretese patrimoniali del mediatore, emerge del resto anche indirettamente dall’art. 1756 c.c., ai sensi del quale, salvo patti o usi contrari, il mediatore avrà diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona per incarico della quale sono state eseguite, anche se l’affare non è stato concluso.
Secondo l’orientamento giurisprudenziale costante, l’affare è da ritenere concluso quando tra le parti poste in relazione dal mediatore si è costituito un vincolo giuridico che abiliti ciascuna di esse ad agire per l’esecuzione specifica del negozio nelle forme di cui all’art. 2932 c.c., o per il risarcimento del danno derivante dal mancato conseguimento del risultato utile del negozio programmato.
Deve essere pertanto escluso il diritto alla provvigione qualora tra le parti non è stato concluso un affare in senso economico giuridico ma si è soltanto costituito un vincolo idoneo a regolare le successive articolazioni del procedimento formativo dello stesso, come nel caso in cui sia stato stipulato un patto di opzione, idoneo a vincolare una parte soltanto, o un cosiddetto preliminare di preliminare, costituente un contratto ad effetti esclusivamente obbligatori non assistito dall’esecuzione in forma specifica ex art.2932 c.c. in caso di inadempimento.
Pertanto la clausola contenuta in un contratto di mediazione con la quale si stabilisce che il diritto alla provvigione maturi al momento della comunicazione dell’accettazione della proposta di acquisto irrevocabile al proponente da parte dell’agenzia, prima ancora della conclusione del contratto preliminare, deve essere considerata abusiva e quindi nulla (e per l’effetto non apposta, per nullità parziale di protezione ex art. 36 Codice al consumo), in quanto determinante un significativo squilibrio normativo (art. 33 Codice al consumo), laddove preveda la maturazione del diritto alla provvigione in una fase non corrispondente alla conclusione dell’affare, così stravolgendo il fondamento causale dell’operazione economico giuridico posta in essere dalle parti.
Una recente sentenza della Suprema Corte (Cass. 4.10.2024, n. 26061) nel decidere sul diritto alla provvigione preteso dal mediatore, che aveva taciuto all’acquirente la necessità del venditore di ricevere immediatamente una cospicua somma, circostanza che aveva portato lo stesso dal desistere nell’acquisto stante incompatibilità delle tempistiche della pratica di mutuo (necessaria all’acquirente), aveva ritenuto vessatoria la clausola inserita nel contratto di mediazione che attribuiva al mediatore il diritto alla provvigione anche in caso di mancata conclusione dell’affare, tenuto altresì conto che le parti non avevano espressamente pattuito un meccanismo di adeguamento di tale importo all’attività concretamente espletata dal mediatore.
In caso di mancata conclusione dell’affare, potrebbe infatti trovare giustificazione il diritto al compenso per il mediatore per la concreta attività profusa in merito alla ricerca di terzi interessati, attraverso la predisposizione dei propri mezzi e della propria organizzazione, ma deve senz’altro ritenersi abusiva la clausola che prevede la maturazione del diritto al compenso in misura indipendente dal tempo e dall’attività svolta dal mediatore e corrispondente alla provvigione spettante in caso di conclusione dell’affare.