Altre imposte indirette e altri tributi
26 Febbraio 2021
Il consueto aggiornamento tramite circolare del tetto massimo oltre il quale la retribuzione non è soggetta a contribuzione previdenziale e assistenziale.
L’introduzione del massimale contributivo è avvenuta con il passaggio dal sistema retributivo al regime contributivo introdotto dalla L. 35/1995 (cd. Riforma Dini). All’art. 2, la norma ha disposto che per i lavoratori privi di anzianità contributiva, o che hanno accreditamenti contributivi relativi a rapporti di lavoro privati o pubblici, dipendenti o autonomi, con versamenti di contributi presso le rispettive diverse casse di previdenza, in Italia o all’estero, entro il 31.12.1995, che si iscrivono a decorrere dal 1.01.1996 a forme pensionistiche obbligatorie, è stabilito un massimale annuo della base contributiva e pensionabile oltre il quale la retribuzione non va assoggettata a contributivi previdenziali e assistenziali per i periodi successivi all’applicazione del massimale stesso. Lo stesso vale per e per coloro che pur avendo anzianità contributiva al 1.01.1996 esercitano l’opzione per il sistema contributivo. Questo tetto massimo viene annualmente rivalutato sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come determinato dall’Istat. Per l’anno 2021 il massimale contributivo è pari a € 103.055,00.
Il calcolo del massimale contributivo deve essere determinato su base annua e non è frazionabile nemmeno se la prestazione lavorativa si riferisce a periodi inferiori all’anno.
Oltre alla generalità dei lavoratori iscritti alle forme di previdenza obbligatoria (AGO) il massimale si applica anche agli iscritti alla Gestione Separata Inps, introdotta sempre con la Riforma Dini. Sono invece esclusi dall’applicazione del massimale a partire dal mese successivo a quello di presentazione della domanda, i lavoratori assunti successivamente al 31.12.1995 che acquisiscono anzianità contributiva pregressa al 1.01.1996 a seguito di richiesta di riscatto della laurea o accredito figurativo. Pertanto, a decorrere dal 31.12.1995, la contribuzione deve essere calcolata sull’intera retribuzione di riferimento, senza applicazione del massimale contributivo.
L’assoggettamento al massimale contributivo riguarda soltanto i contributi obbligatori IVS, con la conseguenza che la retribuzione eccedente costituisce base imponibile unicamente per le contribuzioni minori, ossia quelle relative alla malattia, maternità, disoccupazione e assegni per il nucleo familiare. Ai fini del calcolo del massimale, in quanto parametro annuo per il versamento dei contributi, sono da computare tutti i rapporti di lavoro svolti nel corso dell’anno stesso, sia contemporanei che successivi, sia part time che full time, a prescindere dalle gestioni previdenziali, anche diverse tra di loro, a cui affluisce la contribuzione obbligatoria.
In caso di più rapporti di lavoro in successione nell’anno, per una corretta applicazione delle aliquote, il lavoratore è tenuto a fornire al datore di lavoro la documentazione relativa a compensi già riscossi in precedenza, ad eccezione dei redditi presenti in Gestione Separata sia da attività di collaborazione sia da attività professionale, che non si devono sommare ai redditi da lavoro dipendente ai fini dell’applicazione del massimale, in quanto rappresentano gestioni autonome e distinte.
Allo stesso tempo, in caso di mancata applicazione del tetto massimo, non sussiste alcun beneficio in termini di pensione per i contributi versati in eccedenza: il lavoratore, in questo caso, potrà presentare domanda di rimborso all’Inps, termini quinquennali di prescrizione permettendo.