Diritto privato, commerciale e amministrativo

11 Novembre 2024

Mancato appello, riduzione pena e sospensione condizionale

In caso di condanna in sede di giudizio abbreviato a una pena superiore a 2 anni, ostativa alla concessione della sospensione condizionale della pena, la riduzione della stessa sotto il biennio per effetto del mancato appello rende ammissibile una valutazione sulla concessione del beneficio?

La riforma Cartabia (D.Lgs. 150/2022) ha aggiunto il c. 2-bis all’art. 442 c.p.p., prevedendo che, in caso di scelta del rito abbreviato, l’imputato (o il suo difensore), che non impugni l’eventuale sentenza di condanna abbia diritto a una riduzione di 1/6 sulla pena inflitta da parte del giudice dell’esecuzione.

Ci si è posti subito il problema se il condannato a una pena superiore di poco ai 2 anni (e che quindi non aveva diritto di beneficiare della sospensione condizionale della pena) potesse usufruire in sede esecutiva del beneficio della sospensione condizionale, una volta che, ridotta la pena ex lege, il periodo della pena scendesse sotto i 2 anni (limite massimo per la concedibilità del beneficio).

L’orientamento favorevole richiama la previsione di cui all’art. 671, c. 3, c.p.p., che prevede la possibilità del giudice dell’esecuzione di concedere la sospensione condizionale della pena quando, decidendo su più sentenze irrevocabili contro la medesima persona, riconosca il concorso formale o la continuazione fra le stesse e, per l’effetto, ridetermini le pene inflitte, applicandone una unica, inferiore ai 2 anni di reclusione.

A conferma di ciò vi sarebbe anche l’applicazione analogica, giurisprudenzialmente ammessa, anche in assenza di un’espressa previsione normativa, in caso di applicazione dell’art. 673 c.p.p. che prevede, in seguito ad abolitio criminis (per abrogazione o incostituzionalità della norma), che il giudice dell’esecuzione, con l’ordinanza di revoca delle precedenti condanne, che siano state a suo tempo di ostacolo alla concessione della sospensione condizionale della pena per altra condanna, possa concedere il beneficio della sospensione, salvo che la concessione del beneficio non sia in contrasto con un espresso giudizio prognostico sfavorevole a suo tempo espresso dal giudice della cognizione.

La Suprema Corte, con la sentenza 15.10.2024, n. 37899, ha contrastato detto orientamento, non ritenendo possibile la concessione del beneficio, non essendovi un’espressa previsione normativa. Infatti, se ciò è espressamente previsto dall’art. 671 c.p.p. in caso di riconoscimento del concorso o della continuazione, sia il caso dell’abolitio criminis, sia quello inerente alla declaratoria dell’illegittimità costituzionale della norma incriminatrice determinano sopravvenienze che incidono sul quadro sanzionatorio, per così dire, genetico, nel senso che la valutazione prognostica da effettuarsi ai sensi dell’art. 164 c.p. (non compiuta in origine) diviene possibile alla stregua del novum sopravvenuto, idoneo a incidere sull’ammissibilità della valutazione che avrebbe dovuto farsi se esso fosse maturato in sede cognitiva.

Non può però assimilarsi alle ipotesi suddette il caso della modificazione della pena regolata dall’art. 442, c. 2-bis c.p.p. È vero che la riduzione di pena matura prima che la pena stessa venga posta in esecuzione, ponendosi essa a cavallo, fra la definizione della cognizione e la promozione della fase esecutiva, ma resta il dato di fatto che il giudice della cognizione, avendo irrogato una pena detentiva, superiore ai limiti fissati dall’art. 163 c.p., non aveva in radice, la possibilità giuridica di formulare la valutazione prognostica di cui all’art. 164 c.p., né tale possibilità può essere assegnata successivamente al giudice dell’esecuzione in mancanza di un’espressa previsione normativa.

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

© 2024 Tutti i diritti riservati · Centro Studi Castelli Srl · Privacy · Cookie · Credits