Amministrazione e bilancio
30 Novembre 2021
Anche le imprese minori, in contabilità semplificata, devono provvedere a una annotazione analitica delle rimanenze: non ci si può limitare ad annotazioni di valore globale.
La Cassazione (Cass. civ. Sez. V, ord. 9.11.2021, n. 32629) ha fornito un importante chiarimento su quelli che sono gli obblighi contabili, correlati alla corretta e completa indicazione delle rimanenze di magazzino, aventi ad oggetto una impresa in contabilità semplificata.
In materia di imposizione diretta, anche quelle imprese che sono assoggettate ad obblighi contabili di carattere “semplificato” e che, ai sensi dell’art. 18 D.P.R. 600/1973, non sono obbligate a tenere una specifica contabilità di magazzino, sono comunque tenute a indicare annualmente, nel registro Iva degli acquisti, il rispettivo valore delle rimanenze.
Rispetto a tale indicazione, si precisa come la stessa non possa essere riportata tramite la registrazione del solo valore globale delle giacenze, essendo necessaria un’analitica distinzione dei rispettivi beni per categorie omogenee che consentano in ogni caso di avere una contezza particolareggiata della tipologia degli stessi, tenuto anche conto della attività esercitata.
Diversamente, qualora non siano rilevabili tali elementi, l’Amministrazione Finanziaria risulta facoltizzata a propendere per l’inattendibilità della contabilità e procedere di conseguenza con un accertamento di tipo induttivo.
In termini di carattere generale, si evidenzia che le disposizioni di riferimento, che attengono alla fattispecie presa in considerazione, sono specificamente contenute negli artt. 13 e 14 D.P.R. 600/1973: trattasi di disposizioni normative che enunciano appunto l’obbligo di tenuta delle scritture contabili per tutti gli imprenditori, nel cui novero sarebbero ricompresi anche quei supporti documentali attinenti agli “inventari”.
Nello specifico, trova applicazione la lett. d) dell’art. 14 citato, che richiama espressamente le cc.dd. “scritture ausiliarie di magazzino”, che vanno tenute in forma sistematica e in maniera idonea a consentire di appurare le eventuali variazioni intervenute tra le consistenze inventariali registrate nell’anno d’imposta di riferimento. In pratica, nelle scritture vanno contabilizzate le quantità entrate ed uscite di merci destinate alla vendita, dei semilavorati (con esclusione dei prodotti in corso di lavorazione), dei prodotti finiti, materie prime e beni destinati ad essere in essi fisicamente incorporati, ecc.
Tale onere documentale risulta gravare anche in capo a quelle imprese che si trovino “in semplificata”. Anche per tali soggetti economici, in pratica, non risulterebbe sufficiente una mera enunciazione del valore globale delle rimanenze, che non consente gli opportuni controlli da parte del Fisco tramite un riscontro analitico delle singole categorie di beni giacenti a titolo di “rimanenze”.
Se, pertanto, in fase di controllo risulta impedito, agli organi ispettivi, di avere piena e dettagliata contezza dei valori dell’inventario, l’ufficio può sempre procedere ad accertamento induttivo del reddito d’impresa, operando in ottemperanza a quello che è il dispositivo contenuto nell’art. 39, c. 2 D.P.R. 600/1972, anche attingendo a parametri di valutazione ancorate a presunzioni addirittura prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza od anche a fatti notori ulteriori nella disponibilità dei verificatori.
Il messaggio della Cassazione è chiaro ed inequivocabile: l’inventario di magazzino di fine anno vale anche per i semplificati!