Amministrazione del personale

28 Giugno 2021

Licenziamento per superamento del periodo di comporto durante il Covid

Il datore di lavoro può licenziare un lavoratore per aver superato i giorni massimi di malattia stabiliti dalla contrattazione collettiva. Attenzione al calcolo per periodi di quarantena o gravi patologie.

I lavoratori in malattia hanno diritto alla conservazione del posto di lavoro per un periodo la cui durata viene stabilita dai contratti collettivi; tale periodo è comunemente definito “periodo di comporto”. Il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore durante la malattia salvo che per giusta causa o cessazione dell’attività; al termine del periodo di comporto il datore di lavoro può invece procedere al licenziamento del lavoratore.

Ai fini del calcolo del periodo di comporto si sommano tutti i giorni di calendario compresi nel periodo coperto da certificato medico, compresi giorni festivi o non lavorativi (domenica o altro giorno di riposo) e non lavorati (per esempio, sciopero).

La giurisprudenza si è espressa (Cass. n. 24027/2016) precisando che la presunzione di continuità opera sia per le festività e i giorni non lavorativi nel periodo della certificazione, sia nell’ipotesi di certificati in sequenza di cui il 1° attesti la malattia sino all’ultimo giorno lavorativo che precede il riposo domenicale e il 2° a partire dal primo giorno lavorativo successivo alla domenica; quindi, per esempio, se il certificato medico copre i giorni da lunedì a venerdì e un altro certificato medico copre i giorni da lunedì a venerdì della settimana successiva, ai fini del calcolo del periodo di comporto dovranno computarsi anche sabato e domenica compresi tra i 2 certificati.

Con riferimento alla normativa pandemica, il periodo trascorso in quarantena o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva non è computabile ai fini del comporto (art. 26, c. 1, D.L. 18/2020); a sua volta, l’assenza dei lavoratori immunodepressi affetti da patologie oncologiche o da disabilità ex L. 104/1992, non deve essere considerata ai fini del comporto limitatamente al periodo dal 17.03.2021 (art. 26, c. 1 D.L. 18/2020 come modificato dal D.L. 41/2021).

Il licenziamento per superamento del periodo di comporto non è automatico, ma deve essere formalizzato dal datore di lavoro mediante un atto scritto di recesso che deve essere tempestivo e deve indicare i motivi. La tempestività è necessaria in quanto l’inerzia prolungata del datore di lavoro equivale ad accettazione della prosecuzione del rapporto di lavoro ossia a rinuncia al licenziamento; riguardo alle motivazioni, il lavoratore deve essere messo nella condizione di poter impugnare il licenziamento, pertanto è necessario indicare almeno il numero complessivo dei giorni di malattia (sulla necessità di indicazione degli specifici giorni la giurisprudenza è divisa, pertanto è consigliabile indicarli). Nei casi di aziende con più di 15 dipendenti, non è prevista la comunicazione preventiva all’Ispettorato, ipotesi esclusa espressamente dall’art. 7, c. 4 D.L. 76/2013 conv. in L. 99/2013.

In generale, il datore di lavoro non è tenuto a preavvisare il lavoratore che il periodo di comporto sta per scadere, salvo non sia espressamente previsto dalla contrattazione collettiva; tuttavia, giurisprudenza minoritaria (Trib. Milano n. 2857/2016) sostiene che, in applicazione dei doveri di buona fede e correttezza, il datore di lavoro deve comunicare con un congruo anticipo l’imminente superamento. Nei casi di lavoratori affetti da gravi patologie, l’omissione della comunicazione preventiva potrebbe costituire violazione dei principi di correttezza e buona fede, oltre che di solidarietà.

Il datore di lavoro è tenuto al pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso e al versamento del contributo NASpI per un importo massimo di 1.509,90 euro.

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