Diritto del lavoro e legislazione sociale

29 Giugno 2024

Licenziamento illegittimo senza prove di lettere minatorie

La Cassazione conferma la sentenza della Corte d’Appello di Roma: il lavoratore va reintegrato e risarcito in assenza di evidenze sufficienti a suo carico.

La Corte di Cassazione, sezione lavoro, con l’ordinanza 24.06.2024, n. 17265, ha rigettato il ricorso presentato da una società contro la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva dichiarato illegittimo il licenziamento di un dipendente.

Fatti – La vicenda ha inizio il 26.01.2012, quando la società intimava il licenziamento disciplinare al lavoratore, accusandolo di aver redatto e diffuso 2 lettere anonime dal contenuto offensivo e diffamatorio nei confronti dell’azienda.

Il Tribunale di Roma, in primo grado, aveva dichiarato legittimo il licenziamento, mentre la Corte d’Appello di Roma, con sentenza n. 2507/2019, aveva ribaltato la decisione, dichiarando illegittimo il provvedimento e condannando la società alla reintegrazione del dipendente e al risarcimento del danno.

Motivazioni della Corte d’Appello – Secondo la Corte d’Appello, mancavano prove sufficienti per attribuire la redazione delle lettere anonime al lavoratore.
La società, non soddisfatta della decisione, ha presentato ricorso per Cassazione, sollevando diverse censure, tra cui:

  • omesso esame di fatti decisivi;
  • violazione di norme procedurali e sostanziali;

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