Diritto del lavoro e legislazione sociale
20 Agosto 2024
La Cassazione (ord. 18892/2024) ha affermato che per trasferire il lavoratore reintegrato dopo un licenziamento illegittimo non bastano le esigenze tecnico-organizzative, ma serve anche la prova della sua inutilizzabilità presso la sede di lavoro.
La Corte d’Appello di Roma, confermando la sentenza di primo grado del Tribunale di Cassino, ha dichiarato l’illegittimità del trasferimento di un lavoratore, emesso dopo l’ordine di reintegra, ordinando alla società datrice di lavoro di riadibire il ricorrente presso lo stabilimento di provenienza.
Contro tale decisione, l’azienda ricorre alla Corte di Cassazione, la quale inquadra la fattispecie richiamando una propria sentenza (19.06.1987, n. 5432) secondo cui “l’art. 2103 c.c., come modificato con l’art. 13 L. 300/1970, nel richiedere la sussistenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive perché il datore di lavoro possa trasferire il lavoratore da una unità produttiva ad un’altra, non richiede invece l’ulteriore prova dell’inevitabilità del trasferimento sotto il profilo della sicura inutilizzabilità del dipendente presso la sede originaria”.
Principio che vale in linea generale, ma non nei casi in cui “il trasferimento segua immediatamente un licenziamento dichiarato illegittimo, con conseguente ordine di riassunzione”.