Diritto del lavoro e legislazione sociale
21 Marzo 2024
Con la sentenza 13.02.2024, n. 3927 la Corte di Cassazione illustra alcuni principi riguardanti il rapporto tra il licenziamento per giusta causa e la fonte negoziale di riferimento.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3927/2024, rigetta il ricorso di un cuoco licenziato da una struttura turistica per aver effettuato il “congelamento abusivo di complessivi kg. 47 circa di alimenti, alcuni parzialmente privi di idonea copertura, accatastati l’uno sull’altro e in promiscuità tra loro, parte invasi da ghiaccio e con segni di bruciature da freddo, detenuti a una temperatura diversa da quella indicata nelle rispettive etichette”, oltre a numerose altre irregolarità riguardanti la conservazione di alimenti, scoperte in sede di ispezione igienico-sanitaria a opera dei Carabinieri. Al di là dei fatti specifici di causa, preme indagare su alcuni principi illustrati dalla Corte Suprema nella sentenza in analisi con riferimento al potere disciplinare del datore di lavoro.
Com’è noto, l’ambito disciplinare risulta legato a doppio filo alla fonte negoziale di riferimento (il Ccnl e simili), le cui disposizioni risultano imprescindibili per giungere a una sanzione espulsiva legittima, nel rispetto dei principi di adeguatezza, gradualità e conservazione tipicamente richiesti dal diritto del lavoro.
In particolare, se il contratto collettivo contiene disposizioni dal carattere indicativo e non esaustivo, nell’ambito del licenziamento disciplinare tali disposizioni assumono una valenza più stringente, con il fine ultimo di assicurare le giuste garanzie al lavoratore.