Diritto del lavoro e legislazione sociale

29 Maggio 2024

Liceità dell’utilizzo d’immagini nel rapporto di lavoro

Alcune considerazioni sull’utilizzo delle immagini riprese da sistemi di videosorveglianza nei luoghi di lavoro; estratto dal Provvedimento del Garante 11.04.2024 n. 234.

La disciplina in materia di trattamento dei dati personali prevede che i soggetti privati possono, di regola, trattare immagini per il perseguimento di un legittimo interesse del titolare (art. 6, par. 1. lett. f)).

Con specifico riferimento all’utilizzo di sistemi di videosorveglianza già nel “Provvedimento in materia di videosorveglianza” (8.04.2010, par. 4.1) il Garante aveva richiamato l’art. 4 della L. 300/1970, del resto, anche nel rinnovato Codice è contenuto un rinvio alle disposizioni nazionali di settore che tutelano le persone sul luogo di lavoro (art. 114 “Garanzie in materia di controllo a distanza”).

Pertanto, l’osservanza di quanto prevede l’art. 4 della L. 300/1970 costituisce condizione di liceitàper i trattamenti di videosorveglianza nei luoghi di lavoro.

Il c. 1 di tale articolo stabilisce che “gli impianti audiovisivi e gli altri strumenti dai quali derivi anche la possibilità di controllo a distanza dell’attività dei lavoratori possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale e possono essere installati previo accordo collettivo stipulato dalla rappresentanza sindacale unitaria o dalle rappresentanze sindacali aziendali […]. In mancanza di accordo, gli impianti e gli strumenti di cui al primo periodo possono essere installati previa autorizzazione della sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro o, in alternativa, […] della sede centrale dell’Ispettorato nazionale del lavoro”.

Il c. 3 del medesimo articolo precisa poi che “le informazioni raccolte ai sensi dei cc. 1 e 2 sono utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli e nel rispetto di quanto disposto dal Codice”.
Il Regolamento generale sulla protezione dei dati (RGPD) prevede che i dati personali devono essere trattati “in modo lecito, corretto e trasparente nei confronti dell’interessato” e “raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime”, ammettendo la possibilità di successivi trattamenti ma solo “in modo che non sia incompatibile con [le] finalità” iniziali del trattamento (art. 5, par. 1, lett. a e b).

In tale quadro, il titolare può utilizzare per ulteriori trattamenti i soli dati personali lecitamente raccolti in presenza di un’idonea base giuridica, avendo previamente “soddisfatto tutti i requisiti per la liceità del trattamento originario”(cfr. cons. 50 RGPD), e dunque nei limiti in cui l’originaria raccolta sia stata lecitamente effettuata, avuto riguardo alla finalità principale e nel rispetto dei principi generali di protezione dei dati, tra cui quello di “liceità, correttezza e trasparenza”. Ossia: aver definito correttamente le finalità, ottenuto un accordo sindacale con le RSU/RSA (o un’autorizzazione dall’Ispettorato) e aver fornito agli interessati tutte le informazioni.

Qualora non vengano rispettate tali condizioni per il lecito impiego dei predetti sistemi, qualunque trattamento, anche ulteriore, di tali dati, inclusa la loro “estrazione, consultazione e uso” (art. 4, par. 1 e 2, del RGPD), debba considerarsi sprovvisto d’idonea base giuridica e quindi illecito.

Conseguentemente, le forme di controllo sull’attività dei lavoratori, poste in essere in assenza delle predette garanzie, si pongono al di fuori del quadro di liceità delineato dalle disposizioni di settore e dalla disciplina in materia di protezione dei dati.

Si consideri, altresì, che la predetta disciplina di settore consente di utilizzare, per ulteriori finalità nell’ambito della gestione del rapporto, solo le informazioni già lecitamente raccolte nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dall’art. 4 e, dunque, nei limiti in cui l’originaria raccolta sia stata lecitamente effettuata.

Tale quadro presuppone quindi un’autonoma determinazione del titolare circa l’utilizzazione delle informazioni, ove già lecitamente raccolte nel rispetto delle condizioni e dei limiti previsti dall’art. 4, cc. 1 o 2, anche per ulteriori trattamenti necessari alla gestione del rapporto di lavoro (c. 3). Tali successive ed eventuali operazioni di trattamento presuppongono il rispetto del quadro normativo di riferimento sia in materia di controlli a distanza dei lavoratori (ai sensi dei cc. 1 e 2) che in materia di protezione dei dati. Ciò anche con riguardo alla necessità di fornire agli interessati ogni necessaria informazione per assicurare ai dipendenti piena consapevolezza degli ulteriori trattamenti che il datore di lavoro si riserva di effettuare.

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